Il concorso esclude il secondo reato
Il contribuente che concorre nel reato di dichiarazione fraudolenta per utilizzo di fatture false non commette il successivo reimpiego di proventi illeciti. A fornire questo principio è la Cassazione, sezione II penale, con la sentenza 35461 depositata ieri.
Il gip emetteva un provvedimento di sequestro preventivo, confermato anche dal Tribunale del riesame, nei confronti del socio fondatore di una società, accusato in concorso con il legale rappresentante per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti e reimpiego di proventi illeciti. Più precisamente, era stata registrata una falsa fattura (redatta dalla società stessa) per acquisto di merce, con la quale erano abbattuti gli utili imponibili della società. Il denaro fittiziamente destinato al fornitore di tale merce, attraverso plurimi bonifici su conti correnti, rientrava nella disponibilità del socio fondatore stesso, il quale lo riversava nella società sotto forma di aumento capitale o finanziamento socio. Era stato così sottoposto a sequestro l’importo complessivo del citato finanziamento. Secondo l’ipotesi accusatoria il reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture false rappresentava il presupposto del successivo delitto di reimpiego.
La Suprema Corte ha ritenuto che per il socio fondatore dovesse escludersi il reimpiego. I giudici di legittimità hanno rilevato che l’indagato avendo avuto un ruolo di concorrente morale o materiale nell’illecito penale tributario non poteva concorrere nel delitto di reimpiego di capitali. In base all’articolo 648-ter Cp, l’ipotesi delittuosa si realizza solo «fuori dei casi di concorso nel reato» presupposto. In altre parole, se il socio era concorrente nel reato di dichiarazione fraudolenta, non poteva essere accusato anche di reimpiego di proventi illeciti. Il provvedimento di sequestro doveva così essere annullato poiché non poteva essere commisurato al finanziamento soci, bensì al valore delle imposte evase attraverso la registrazione della falsa fattura, quindi Iva e Ires.
Cassazione, II sezione penale, sentenza 35461 del 25 luglio 2018