Controlli e liti

Il contribuente deve verificare i requisiti per il visto

Recupero e sanzioni a carico del privato tenuto al riscontro dell'abilitazione, secondo la Ctp Milano

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di Rosanna Acierno

Prima di effettuare le compensazioni di crediti di imposta oltre soglia per cui è richiesta l’apposizione del visto di conformità, il contribuente è sempre tenuto a verificare che il professionista incaricato sia effettivamente legittimato a rilasciarlo. In assenza di tale preventiva verifica, l’ufficio può sempre recuperare non solo il credito compensato (anche se effettivamente spettante) e i relativi interessi, ma anche a comminare la sanzione del 30% del credito utilizzato qualora il visto sia stato apposto da un professionista privo dei requisiti. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Ctp di Milano con la sentenza n. 2592/5 depositata il 24 novembre 2020 (presidente Beretta, relatore Chiametti).

La pronuncia trae origine dalla notifica nei confronti di una Srl di un atto di recupero, con cui l’ufficio contestava la violazione dell’articolo 10 del Dl 78/2009 per aver proceduto a compensare un credito Iva annuale per un importo pari a circa 160mila euro a fronte della dichiarazione Iva “vistata” da un professionista non abilitato alla trasmissione delle dichiarazioni fiscali e che non aveva adempiuto a inoltrare la comunicazione alla direzione regionale delle Entrate competente propedeutica al rilascio del visto, recuperando il credito compensato e i relativi interessi, con contestuale irrogazione della sanzione del 30 per cento.

Impugnato l’atto, la Srl ne contestava l’illegittimità per assenza di danno erariale a fronte dell’effettiva esistenza del credito e per assenza di dolo, dovendosi semmai ravvisare la responsabilità della violazione soltanto in capo il professionista che aveva provveduto ad apporre il visto di conformità, sebbene non fosse legittimato a ciò.

Nel respingere il ricorso, la Ctp di Milano ha innanzitutto ricordato che legittimati a rilasciare il visto di conformità sono i responsabili dell’assistenza fiscale dei Caf, gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti e dei consulenti del lavoro, a condizione che siano abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, che abbiano stipulato una polizza assicurativa della responsabilità civile e che abbiano comunicato l’intenzione di rilasciare il visto di conformità alla direzione regionale delle Entrate territorialmente competente in base al proprio domicilio fiscale. Inoltre, sempre secondo quanto ricordato dai giudici milanesi, solo dopo aver verificato la regolarità della documentazione prodotta, la direzione regionale provvede a inserire in un apposito elenco informatizzato il nominativo del professionista che potrà così rilasciare il visto di conformità. Tanto che, in assenza della comunicazione alla direzione regionale e della conseguente autorizzazione, la dichiarazione vistata da un professionista non abilitato al rilascio del visto di conformità deve ritenersi non vistata.

Nel caso di specie, secondo la Ctp di Milano, la società ricorrente avrebbe potuto facilmente verificare la sussistenza in capo al professionista dei requisiti prescritti dalla legge per poter apporre validamente il visto di conformità.

Sul punto, peraltro, va detto che la verifica dell’esistenza dei requisiti professionali di chi appone il visto è quanto mai semplice attraverso la consultazione dell’elenco disponibile nel sito dell’agenzia delle Entrate, nella sezione «Servizi», alla voce «Ricerca professionisti abilitati all’apposizione del visto di conformità».

Pertanto, il recupero da parte del Fisco è legittimo in quanto la società contribuente è incorsa non solo nella culpa in eligendo per aver scelto un professionista poco affidabile, ma anche nella culpa in vigilando per non aver verificato la esistenza delle necessarie autorizzazioni per poter vistare le dichiarazioni.

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