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Il fornitore di energia elettrica versa le accise anche sui contratti «a valle»

La sentenza della Cassazione sulle utilities

La recente sentenza della Cassazione n. 15712/2020 del 23 luglio 2020 (presidente Virgilio; relatore Succio) afferma che il fornitore di energia elettrica può essere chiamato a rispondere delle accise gravanti sulle subforniture energetiche poste in essere dal proprio cliente nei confronti di soggetti terzi. Ciò in quanto, secondo i giudici, il fornitore è sempre titolare dal lato passivo dell’obbligazione tributaria ed è tenuto a corrispondere l’accisa in generale e, in esito al pagamento, egli può riversarne l’onere mediante rivalsa sul cliente finale.

La controversia

Gli Ermellini hanno affrontato il caso, piuttosto frequente, in cui l’energia elettrica, una volta somministrata dal fornitore professionale al proprio cliente, titolare del punto presa energetico, venga da quest’ultimo erogata nei confronti di soggetti terzi, che ne utilizzano una parte nell’ambito di contratti cd. di service, ovvero di messa in disponibilità o locazione di aree industriali attrezzate o spazi commerciali con annesso ogni genere di utility necessario al godimento degli stessi. Fornitore o subfornitore? Laddove emerga una maggiore accisa sui quantitativi energetici immessi in consumo, chi è tenuto a versarla? Il fornitore professionale oppure il cliente di quest’ultimo, il cd. subfornitore non autorizzato? La netta risposta della Sezione Tributaria è che il soggetto passivo deve essere essere individuato nel fornitore professionale, sebbene questo sia del tutto estraneo rispetto all’utilizzo “a valle” dell’energia elettrica acquistata dal proprio cliente. Così, il fornitore viene chiamato a rispondere di imposte afferenti rapporti giuridici intercorrenti tra soggetti terzi, sulla considerazione per cui è sempre il fornitore ad essere titolare, dal lato passivo, della obbligazione tributaria di corrispondere l’accisa in generale, all’esito del cui pagamento egli può riversarne l’onere mediante rivalsa. Del resto, in tema di accise sull’energia elettrica, il soggetto passivo è tenuto al pagamento dell’accisa all’atto della fatturazione al consumatore finale, o, comunque, all’immissione in consumo del bene, mentre le cessioni intermedie che non abbiano realizzato la condizione di esigibilità hanno natura privatistica, nel cui ambito l’Amministrazione finanziaria è estranea.

Un contrasto insanabile

L’ordinanza arricchisce il dibattito circa la soggettività passiva delle accise, un tema di estrema rilevanza che vede ormai contrapposti due orientamenti di legittimità: l’ordinanza in commento individua il soggetto passivo sempre e comunque nel fornitore professionale, che, dal punto di visto giuridico, è l’unico titolare del rapporto tributario in materia di accise (Cassazione 17627/2014, 3050/2019, 10684/2020); per la posizione contraria (Cassazione 20474/2013, 17291/2014, 21816/2017, 21821/2017, 21824/2017, 22158/2017, 22214/2019) individua quale soggetto passivo il “subfornitore non autorizzato”, in quanto esso, di fatto, svolge un’attività di rivendita di energia elettrica. Con tale ultimo orientamento, la Corte di Cassazione ha eccessivamente ampliato le maglie della soggettività passiva, affermando che chiunque rivenda energia elettrica, anche nell’ambito di contratti diversi dalla somministrazione, assume la qualifica di soggetto passivo delle accise. Ma tale estensione ha finito per creare un cortocircuito, che ha portato paradossalmente ad escludere la soggettività passiva proprio in capo ai fornitori energetici professionali, operatori sui quali dovrebbe essere concentrato il prelievo delle imposte di consumo.Il contrasto è grave e significativo non solo per i risvolti processuali (esiti differenti di giudizi analoghi), ma perché, più in generale, determina un diffuso stato di incertezza circa il presupposto soggettivo dell’accisa, che è elemento essenziale del tributo.