Imposte

Il mandato a vendere non salva la prima casa

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di Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Le agevolazioni già godute per l’acquisto di una prima casa non possono essere nuovamente fruite se l’immobile non è stato prima venduto. Neanche se il proprietario ha rilasciato un mandato senza rappresentanza alla moglie per l’alienazione dell’immobile già agevolato. È quanto afferma la Ctr Lombardia 2958/15/2017 (presidente Craveja, relatore Maffei).

La vicenda riguarda fatti avvenuti prima dell’entrata in vigore della possibilità di vendere la “vecchia” abitazione entro i 12 mesi sucessivi all’acquisto di quella “nuova” senza perdere l’agevolazione prima casa, prevista dalla legge di Stabilità 2016.

Un contribuente acquista nel 2002 un immobile con le agevolazioni della prima casa e nel 2010, tramite intermediario, lo mette in vendita. L’immobile, però, rimane invenduto.

Il 16 ottobre 2012 il contribuente rilascia alla moglie un mandato senza rappresentanza per l’alienazione dello stesso immobile, trasferendole il diritto di proprietà e trascrivendo poi la formalità presso l’agenzia del Territorio al fine di permetterle l’esecuzione del mandato. Il 22 ottobre dello stesso anno acquista così un altro immobile, usufruendo una seconda volta delle agevolazioni prima casa.

Secondo il Fisco, però, al contribuente non spetta nuovamente lo sconto e, con avviso di liquidazione, viene recuperata la differenza tra imposte di registro, ipocatastali e Iva.

Il contribuente si oppone davanti alla Ctp, sostenendo che il conferimento alla moglie del mandato senza rappresentanza per la vendita dell’immobile fa venir meno il possesso e, dunque, il nuovo acquisto “agevolato” è legittimo.

Secondo l’amministrazione, però, il contribuente ha posto in essere un mandato a vendere senza rappresentanza, con effetti non solo reali ma anche obbligatori, incorrendo in una pratica abusiva che viola le disposizioni vigenti in tema di agevolazioni prima casa, in quanto il trasferimento dell’immobile dal mandante al mandatario avviene solo in funzione della futura alienazione a terzi.

I giudici di merito danno torto al contribuente. Il mandato senza rappresentanza costituisce uno schema contrattuale che non implica un duplice passaggio economico e il trasferimento dei beni tra mandatario e mandante e non determina il loro trasferimento giuridico.

Nel caso in esame, secondo il collegio, si configura una pratica abusiva che procura un vantaggio fiscale contrario all’obiettivo perseguito dalla norma e fa altresì emergere lo scopo essenziale dell’operazione rappresentato dall’ottenimento di un vantaggio fiscale indebito: l’operazione sarebbe è assimilabile al negozio fiduciario, attraverso il collegamento di due negozi (l’uno di carattere esterno, valido verso i terzi e l’altro di carattere interno ed obbligatorio) nell’intento con il secondo di modificare il risultato finale del primo.

In questo modo si crea un’interposizione reale di persona per effetto della quale l’interposto acquista, diversamente dall’interposizione fittizia, la titolarità del bene pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente, tenuto ad osservare un comportamento già convenuto: ad esempio la moglie potrebbe ritrasferire il bene a quest’ultimo o a terzi al verificarsi della situazione che determina il venir meno della necessità del rapporto fiduciario.

Su una situazione simile, ma con decisione favorevole al contribuente, si segnala la Ctp Reggio Emilia 67/2/2017 (si veda Il Sole 24 Ore del 20 marzo scorso).

Ctr Lombardia 2958/15/2017

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