Il residente assunto su una nave Ue per più di 183 giorni non dichiara nulla in Italia
L’articolo 5, comma 5 della legge 16 marzo 2001, n. 88, ha disposto che il comma 8-bis dell’articolo 48 (ora 51) del Tuir, Dpr 917/1986, in base al quale «il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del ministro del Lavoro», deve interpretarsi nel senso che per i lavoratori marittimi italiani imbarcati su navi battenti bandiera estera, per i quali, a norma dell’articolo 4, comma 1, e dell’articolo 5, comma 3, del decreto - legge 31 luglio 1987, n. 317, non è applicabile il calcolo della contribuzione sulla base della retribuzione convenzionale, continua ad essere escluso dalla base imponibile fiscale. Quindi, non concorre a formare il reddito soggetto a tassazione la parte dello stesso derivante dall’attività prestata su tali navi per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi. I lavoratori marittimi percettori del suddetto reddito non possono però in alcun caso essere considerati fiscalmente a carico e, se richiedono prestazioni sociali agevolate alla pubblica amministrazione, sono comunque tenuti a dichiararlo all’ufficio erogatore della prestazione, ai fini della valutazione della propria situazione economica. Con la circolare 55/E/2002, l’agenzia delle Entrate ha precisato che, per tali soggetti, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione in Italia. Si consiglia, infine, il lettore di verificare con l’armatore se sussistono obblighi dichiarativi e/o impositivi relativamente allo Stato Ue di cui la nave su cui lo stesso è imbarcato batte bandiera.
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