Imposte

Il «transfer price» supera il valore normale

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di Antonio Tomassini

La manovra allinea la disciplina del transfer price agli standard internazionali sostituendo nell’articolo 110 Tuir il riferimento al valore normale con la definizione di «arm’s length» di matrice Ocse. Si individua inoltre una via alternativa – si auspica più efficace e tempestiva – per riconoscere in diminuzione dal reddito della società italiana il maggior reddito accertato in capo al soggetto estero del medesimo gruppo.

Il transfer price riteniamo inquadri una disciplina sistematica di ripartizione del carico impositivo tra Stati (non una disciplina anti-elusiva), che in Italia è regolamentata dall’articolo 110, comma 7, Tuir. Le rettifiche ai prezzi di trasferimento, anche alla luce dei nuovi obblighi discendenti dal progetto Beps, sono le contestazioni più frequenti, non solo in Italia. Spostandoci su temi più domestici, il dubbio sulla natura della norma, di sistema o anti-elusiva, ha creato un contrasto giurisprudenziale sulla ripartizione dell’onere della prova tra fisco e contribuenti. Altra questione riguarda le contestazioni sui costi per servizi infragruppo. Nei Paesi Ocse dotarsi di una documentazione di transfer pricing fa da schermo protettivo anche verso queste, non in Italia dove vengono sovente agganciate al principio dell’inerenza. Più in generale, nonostante i passi in avanti sia a livello di procedure amichevoli, sia di compliance (anche in Italia vige la penalty protection per le aziende che si dotano di un set documentale ad hoc) si è da sempre posto il tema di un maggior adeguamento della normativa e della prassi domestica agli standard internazionali.

La manovra sembra andare in tale direzione, in primis modificando l’articolo 110 Tuir e prevedendo che i prezzi delle operazioni infragurppo siano «determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili». Si tratta del principio dell’arm’s length Ocse, che si sostituisce al «valore normale» di cui al precedente testo. Inoltre si rimanda a un decreto l’individuazione di linee guida ispirate alle migliori pratiche internazionali per l’attuazione della novella. Riteniamo si tratti di un intervento chiarificatore di un dibattito dottrinale sul diretto ingresso della prassi Ocse in Italia che nei fatti era già avvenuto (le linee guida sono tradotte sin dal 1997 e nelle verifiche e nel peso dato alla compliance la nostra amministrazione è già all’avanguardia).

Più innovativa la seconda modifica, che introduce nel Dpr 600/73 l’articolo 31-quater per il quale nel caso in cui si debba procedere a una rettifica in diminuzione del reddito della società italiana del gruppo conseguente a una corrispondente rettifica in aumento definitiva in uno Stato con il quale è in vigore una convenzione che consenta un adeguato scambio di informazioni, questa possa avvenire, oltre che con il ricorso alle Map (mutual agreement procedure) previste nei trattati e nella convenzione arbitrale n. 90/436/CE, anche a seguito di una apposita istanza presentata all’Agenzia dal contribuente. Le modalità applicative saranno esplicitate in un provvedimento direttoriale che auspichiamo doti questa via alternativa di termini certi per la sua conclusione, posto che è questo il tema oggi più sentito (soprattutto per la Map prevista dai trattati, che di fatto non ha un termine).

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