Imposte

Il transfer pricing prova a dire addio alle rettifiche basate sulla mediana

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di Francesco Avella

Tutto ciò che sta nell’intervallo di valori dei comparabili è salvo, o quasi. È una delle conclusioni più importanti che si ricavano dal Dm 14 maggio 2018, contentente le linee guida del Mef sul transfer pricing. Secondo l’articolo 6, posto che l’intervallo di valori dei comparabili è conforme al principio di libera concorrenza (comma 1), il transfer pricing dei contribuenti è adeguato quando è compreso in esso (comma 2). L’indicazione è rivolta sia ai contribuenti che al Fisco. Pertanto, non è più ammissibile la prassi di rettificare i prezzi dei contribuenti sulla base di valori di tendenza centrale, quale, tipicamente, la mediana. Almeno fintanto che i prezzi dei contribuenti rientrano nell’intervallo di valori dei comparabili.

LA SIMULAZIONE

Tale indicazione, essendo fornita sulla base delle linee guida Ocse, pare idonea ad incidere anche sui contenziosi e sulle verifiche in corso, perlomeno quelli in cui il Fisco abbia dichiarato di basare le rettifiche (anche) sulle linee guida Ocse.

D’ora in avanti, in virtù di quanto previsto nel decreto all’articolo 6, comma 3, le riprese del Fisco saranno ammesse solo quando i prezzi di trasferimento dei contribuenti non rientrino nell’intervallo di valori di libera concorrenza, fatta salva la possibilità per il contribuente di presentare apprezzabili elementi per mostrare che il principio di libera concorrenza è comunque rispettato. Non viene però chiarito su quale punto dell’intervallo il Fisco possa attestarsi, e ciò riporta in auge il dibattito circa la prassi di posizionarsi sulla mediana. In base all’articolo 6, la rettifica dovrebbe solo ricondurre il valore all’interno dell’intervallo, quindi sul valore più estremo dello stesso, e la mediana andrebbe usata in via residuale nei soli casi contemplati delle linee guida Ocse (par. 3.62) in cui rimangano difetti di comparabilità non quantificabili.

Non tutti ritengono, tuttavia, che l’articolo 6 dia rilievo all’(intero) intervallo di valori. Secondo alcuni, considerato quanto precisato ai paragrafi 3.56 e 3.57, i valori estremi potrebbero non essere «parimenti comparabili» (articolo 6, comma 1) e ciò implicherebbe di considerare la sola parte centrale dell’intervallo di valori (il cosiddetto intervallo interquartile). Con conseguente possibilità per il Fisco di azionare l’articolo 6, comma 3, e rettificare i prezzi, laddove questi non rientrino nell’intervallo interquartile.

Sul punto non è comunque ammessa una automatica esclusione dei valori estremi: l’Ocse (par. 3.63) afferma che «un risultato estremo può essere escluso a causa del fatto che un difetto di comparabilità significativo precedentemente ignorato sia stato portato alla luce, non unicamente a causa del fatto che il risultato proveniente dal “comparabile” proposto sembri semplicemente essere molto diverso dai risultati osservati per altri “comparabili” proposti». In linea di principio, quindi, rileva l’intero intervallo di valori e il ricorso all’intervallo interquartile è residuale.

Al Fisco restano comunque altre armi. Potrebbe ad esempio contestare l’analisi di comparabilità del contribuente e individuare un nuovo set di soggetti comparabili o un nuovo intervallo di valori, magari più ristretto e nel quale i prezzi di trasferimento del contribuente non rientrino, azionando poi così l’articolo 6, comma 3 per rettificarli. L’articolo 4, comma 6 obbliga infatti il Fisco a verificare i prezzi di trasferimento sulla base dello stesso metodo applicato dall’impresa ma non sulla base degli stessi comparabili.

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