Immobili patrimonio, tre vie per pagare le imposte
Le società che detengono immobili patrimonio dovranno prestare attenzione nella liquidazione delle imposte da versare a giugno e nella compilazione della dichiarazione dei redditi.
Infatti, mentre gli immobili merce e gli immobili strumentali per natura o per destinazione sono soggetti a tassazione secondo le regole ordinarie, e quindi secondo le risultanze di conto economico (fatto salve talune regole specifiche, come l’indeducibilità dell’ammortamento relativo al terreno sottostante il fabbricato strumentale), l’articolo 90 del Tuir prevede che i redditi degli immobili patrimonio concorrano a formare il reddito di impresa secondo le regole previste per i redditi fondiari.
Gli immobili patrimonio sono gli immobili residenziali (categoria catastale A, con esclusione dell’A/10), alla cui produzione o scambio non è diretta l’attività di impresa e che non sono utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’attività commerciale.
Il reddito tassabile di questi immobili sarà dunque pari alla rendita catastale, rivalutata del 5% e aumentata di un terzo (se non si tratta di immobili di interesse storico o artistico, nel qual caso la maggiorazione non si applica), se l’immobile è tenuto a disposizione.
Per gli immobili locati a canone libero, il reddito sarà invece pari al maggiore tra la rendita rivalutata del 5% e il canone percepito (ridotto del 35% in caso di immobili di interesse storico o artistico), ridotto fino ad un massimo del 15% del canone stesso dell’ammontare delle spese di manutenzione ordinarie effettivamente sostenute e documentate. Si tratta delle spese di cui alla lettera a) dell’articolo 3, comma 1 del Testo unico dell’edilizia e dunque delle manutenzioni necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti che, in base al contratto di locazione, rimangono di competenza del locatore e non sono sostenute dal conduttore.
Le spese eccedenti il 15% del canone e le altre spese sostenute relativamente all’immobile non sono in generale deducibili, in base all’articolo 90 del Tuir. Si ritiene tuttavia che le spese di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, oltre che quelle di ristrutturazione edilizia possano essere capitalizzate - ricorrendone i presupposti - sul valore del bene e dunque concorrano alla formazione del reddito in sede di cessione.
Inoltre, secondo l’interpretazione autentica fornita dall’articolo 1 comma 35 della legge 244/2007, gli interessi passivi relativi a contratti di finanziamento stipulati per l’acquisto degli immobili sono deducibili secondo le regole ordinarie dell’articolo 96 del Tuir. Sono, dunque, indeducibili esclusivamente gli interessi di funzionamento.
Infine, occorre segnalare che l’Aidc, con la norma di comportamento n. 156 del 2004 sostiene, la deducibilità dei costi non strettamente connessi agli immobili come le spese societarie o le spese per il personale addetto alla tenuta della contabilità.
Particolari regole sono previste quando l’immobile patrimonio risulta concesso in uso a un dipendente della società. In questi casi, sono ammessi in deduzione dal reddito di impresa le spese inerenti l’immobile per l’importo costituente reddito imponibile in capo al dipendente.
Per la compilazione della dichiarazione dei redditi, le società che detengono immobili patrimonio dovranno dunque sterilizzare le componenti negative relative agli immobili patrimonio indicate in conto economico e gli eventuali canoni di locazione percepiti, andando ad inserire il valore del reddito fondiario nel rigo RF10.
In caso di riduzione forfettaria del reddito (come in caso di immobili patrimonio destinati ad alloggi sociali o immobili storici o artistici), la parte non imponibile del reddito fondiario deve essere indicata nel rigo RF55 (altre variazioni in diminuzione).