Impianti in comodato al riparo del Fisco
Un’azienda può legittimamente concedere ai propri fornitori – in comodato d’uso gratuito – gli stampi necessari per la lavorazione dei propri prodotti. È pertanto illegittima la pretesa con cui l’ufficio, in mancanza di evidenze di segno contrario, recupera a tassazione presunti canoni di noleggio di tali cespiti. Lo afferma la Ctp Milano 2075/1/2019 (presidente Pilello, relatore Chiametti).
La controversia origina da una rettifica effettuata per l’anno 2013 nei confronti di una società operante nella produzione e commercializzazione di componenti di ricambio per autoveicoli (in particolare, paraurti). La società aveva dedotto importanti quote di ammortamento relative a beni strumentali (stampi), ma tali beni – come chiarito fin da subito dalla società in corso di verifica – non erano presenti presso i locali aziendali perché concessi in prestito d’uso gratuito alle ditte “terziste” cui la società aveva affidato la produzione dei beni commercializzati.
Le Entrate ritenevano inverosimile il prestito gratuito e presumevano i canoni di noleggio che, vista l’elevata specificità dei beni, venivano quantificati in misura pari alle quote di ammortamento.
La Ctp accoglie il ricorso della società: la documentazione di trasporto e le bolle doganali relative all’acquisto degli stampi dimostravano chiaramente che i cespiti una volta giunti in Italia venivano consegnati, a titolo di comodato gratuito, direttamente alle ditte cui la società accertata aveva affidato la produzione dei beni. In assenza di riscontri concreti in senso contrario, l’ufficio non poteva presumere l’esistenza di un contratto di noleggio a titolo oneroso. Del resto, secondo i giudici, è prassi molto diffusa nel settore che gli stampi, di proprietà delle società committenti, siano concessi alle ditte terziste di produzione, le quali integrano il processo produttivo con i propri macchinari (presse di grandi dimensioni) per la realizzazione del prodotto richiesto.
Inoltre, i prodotti ottenuti con l’utilizzo degli stampi in esame, tutti recanti il marchio della società committente, erano commercializzabili solo dal proprietario e non dalle società stampatrici. L’eventuale addebito di un canone sarebbe stato privo di significato: avrebbe solo comportato un maggiore costo di lavorazione per gli stampatori e, quindi, l’applicazione di un maggiore prezzo per la produzione dei beni.
Per tutte queste ragioni, la Ctp ha annullato integralmente l’avviso e condannato l’Agenzia al pagamento delle spese di lite.