Diritto

Imprese, rischio «231» escluso se in regola con i protocolli

Prime indicazioni di Confindustria sull’impatto per le aziende: centrale il ruolo di monitoraggiodell’Organismo di vigilanza

di Giovanni Negri

Devono essere esclusi profili di responsabilità, anche in chiave 231, per l’impresa che ha adottato e costantemente aggiornato le misure anticontagio prescritte dalle Autorità pubbliche. Lo puntualizza Confindustria, corroborando queste conclusioni con riferimenti di varia natura (risposte del ministero del Lavoro, circolari Inail, modifiche normative in atto), nel position paper dell’Area affari legislativi che fornisce le prime indicazioni operative sulla responsabilità amministrativa delle società ai tempi del Covid-19.

Il testo propone una ricognizione dei rischi indiretti e diretti da ascrivere all’epidemia in corso. Tra i primi, quelli dovuti alle particolari modalità organizzative e di lavoro alle quali hanno dovuto fare ricorso le imprese, che potrebbero avere aumentato il pericolo su alcuni reati. Tra questi:

• ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio: le difficoltà in termini di disponibilità di risorse finanziarie, che può essere stata acuita dall’emergenza sanitaria, può aver determinato una maggior esposizione al rischio di condotte illecite riconducibili ai reati di ricettazione e riciclaggio;

• reati di criminalità organizzata: l’emergenza può aver determinato difficoltà finanziarie e questo può astrattamente esporre le imprese a un maggior rischio di infiltrazioni criminali, ad esempio per il reperimento di finanziamenti o per il ricorso a subappalti a basso costo.

Per questa categoria di rischi l’aggiornamento del Modello 231 non può essere ritenuto conseguenza automatica dell’emergenza. Infatti, i rischi a titolo indiretto sono riconducibili a fattispecie di reato già incluse nella disciplina 231 prima dell’emergenza e «connotate dal carattere della tendenziale trasversalità alle diverse categorie di imprese, sotto il profilo sia dimensionale, sia merceologico».

Ma i rischi sono anche diretti e più strettamente collegati al contagio. Rischi che coinvolgono tutte le categorie d’imprese e tutta la collettività, ma che mutuati nel contesto della responsabilità amministrativa delle imprese non conduce, nella valutazione di Confindustria, a un approccio diverso nella sostanza rispetto a quello dei rischi indiretti. Infatti, si sostiene, anche prima dell’emergenza, i reati in materia di salute e sicurezza erano previsti come fattispecie presupposto della responsabilità amministrativa degli enti. Il riferimento è, in particolare, ai reati di lesioni personali colpose e omicidio colposo commessi in violazione delle norme antinfortunistiche.

Al netto di situazioni specifiche, in ogni caso, l’esposizione dei lavoratori al rischio da contagio nei luoghi di lavoro ha la conseguenza comunque per l’imprenditore di dovere predisporre tutto il panel di misure che tutelino i dipendenti sulla base dell’articolo 2087 del Codice civile. Datori di lavoro che però non possono, per ovvie ragioni, essere in possesso delle conoscenze tecniche adeguate per valutare il rischio. Centrale così il ruolo delle Autorità pubbliche e dei relativi protocolli. Così, il margine di valutazione e determinazione dei datori di lavoro appare limitato «alla sola attuazione scrupolosa delle misure che le Autorità, anche in raccordo coi rappresentanti delle imprese, hanno adottato e continueranno ad adottare, nonché alla vigilanza volta ad assicurare che i lavoratori si adeguino a tali misure».

Per l’organismo di vigilanza diventa determinante allora il controllo costante e puntuale sulle misure attuate dal datore di lavoro per assicurare il rispetto delle prescrizioni dei protocolli. Controllo che passa anche attraverso il rafforzamento dei flussi di informazioni dal datore di lavoro, ma più in particolare dalle funzioni aziendali coinvolte (risorse umane, legali, medico competente) sul monitoraggio del quadro normativo e sul costante aggiornamento delle misure.

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