Incassi ricevuti durante le ferie: emissione della fattura elettronica da monitorare
Il termine di 12 giorni non ha eccezioni. Senza notula non si sfrutta la «differita» e serve il ravvedimento
Alla ripresa delle attività dopo le ferie estive alcuni contribuenti possono trovarsi nella spiacevole necessità di regolarizzare il tardivo invio allo Sdi della fattura elettronica.
L’obbligo di trasmettere la fattura entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione, infatti, non conosce soste.
Se nell’ambito delle cessioni dei beni non vi sono generalmente problemi, in quanto la fattura viene emessa al momento della consegna/spedizione (salvo che si ricorra alla fatturazione differita con Ddt), nell’ambito delle prestazioni di servizi è usuale procedere all’emissione soltanto al momento del pagamento, al fine di evitare di anticipare l’imposta non ancora incassata. Infatti, l’operazione si considera effettuata al momento del pagamento del corrispettivo, salvo emissione anticipata della fattura (articolo 6 del Dpr 633/72).
Considerati i termini di emissione regolati dal comma 4 dell’articolo 21 del Dpr 633/1972 che prevede «la fattura è emessa entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione determinata ai sensi dell’articolo 6», emerge la necessità per molte imprese e professionisti di monitorare anche durante il periodo di chiusura delle attività i propri conti correnti per verificare eventuali incassi di prestazioni non fatturate (ricordando che, per i servizi in ambito internazionale, i termini vanno sempre al 15 del mese successivo ex articolo 21, comma 4, lettere c) e d), del Dpr 633/72).
Si pensi a un professionista che riceve un pagamento il 13 agosto, ma ne abbia notizia soltanto alla riapertura dello studio in data 30 agosto, trovandosi impossibilitato ad adempiere nei termini all’invio della fattura elettronica il cui termine risulti scaduto il 25 agosto. In questo caso ci sono due vie.
Se il professionista aveva già emesso una notula o pro forma o avviso di parcella prima di ricevere il pagamento, bisogna ricordare che tale documento è stato ritenuto valevole come “idonea documentazione” ai fini della fattura differita per i servizi – Faq 22 del 2018 – di cui all’articolo 21, comma 4, lettera a), Dpr 633/72. Inoltre, con circolare 18/2014, la differita è stata ammessa anche se, nel mese, è stata effettuata una sola operazione, da intendersi, per i servizi, come un solo incasso collegato alla pro forma.
Se invece il professionista non può contare su una notula o su altra idonea documentazione, allora dovrà regolarizzare il ritardo. In particolare, si rendono applicabili le sanzioni previste dall’articolo 6, comma 1, del DLgs 471/97, che richiedono il versamento:
- dal 90 e al 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato con un minimo di 500 euro;
- da 250 a 2.000 euro, qualora la violazione non abbia inciso sulla corretta liquidazione del tributo.
In pratica, se l’Iva relativa alle fatture non emesse nei termini concorrerà alla corretta liquidazione dell’Iva del mese di agosto (ovvero del terzo trimestre 2021) risulterà dovuta “soltanto” la sanzione fissa.
L’invio tardivo della fattura elettronica non ha infatti natura di errore meramente formale, ma si configura quale inosservanza “di formalità ed adempimenti suscettibili di ostacolare l’attività di controllo, anche solo in via potenziale” (Risposta ad interpello 528/2019). Inoltre, al contrario di quanto avviene in materia di versamenti (proroga di Ferragosto), il legislatore non ha previsto nessun differimento dei termini di invio allo Sdi delle fatture. Le sanzioni restano pertanto dovute anche nel periodo estivo e anche quando non incidono sul versamento dell’imposta e la comunicazione Lipe viene compilata correttamente.
Sarà comunque possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del Dlgs 472 del 1997 che permette di ridurre a 1/9 le sanzioni (27,78 euro) a condizione di procedere alla regolarizzazione entro 90 giorni dalla data dell’omessa trasmissione
Il contribuente dovrà pertanto versare nei 90 giorni, con il modello F24, l’importo di 27,78 euro per ogni singola violazione, utilizzando il codice tributo «8911» con indicazione dell’anno 2021 quale periodo di riferimento (anno dell’omissione).