Iri, ritenute sulle provvigioni con margini per la detraibilità
Tra i soggetti che possono optare per l’Iri (imposta sul reddito imprenditoriale) sono incluse anche le società di persone e gli imprenditori individuali che svolgono attività di agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento di affari, per i quali l’articolo 25-bis del Dpr 600/1973 prevede l’applicazione di apposite ritenute sulle provvigioni. La disciplina in materia di Iri lascia tuttavia scoperta la sorte di tale ritenute: se, cioè, debbano essere detratte direttamente dall’Iri (e quindi dall’imposta sostitutiva dovuta dalla società o dall’imprenditore individuale) ovvero debbano essere detratte pro-quota dai soci o dall’imprenditore individuale dalla loro rispettiva Irpef al momento della distribuzione degli utili.
In assenza di una specifica previsione in merito, è necessario affrontare la questione dal punto di vista logico sistematico. L’articolo 55-bis, comma 5, del Tuir prevede una deroga al principio di trasparenza operante in via naturale per le società di persone, disponendo che «l’applicazione del presente articolo esclude quella dell’articolo 5 limitatamente all’imputazione e alla tassazione del reddito indipendentemente dalla sua percezione».
Posto che, in linea di principio, il criterio di imputazione per trasparenza riguarda non soltanto i redditi (o le perdite) realizzati dall’impresa, ma anche le ritenute, la deroga andrebbe letta come derogatoria anche della tradizionale imputazione ai soci delle ritenute. Analogo criterio dovrebbe valere per il caso dell’imprenditore individuale.
Tuttavia, la relazione illustrativa al disegno di legge di Bilancio 2017, relativamente all’introduzione della disciplina Iri, ha precisato che «la tassazione del reddito d’impresa dei soggetti Irpef, sia essa ad aliquota proporzionale Iri sia essa ad aliquota marginale Irpef, resta idealmente riferibile in capo all’imprenditore ovvero ai soci in ragione della quota di partecipazione agli utili anche se versata dall’impresa o dalla società» e ciò potrebbe indebolire la tesi della detraibilità delle ritenute dall’Iri.
Ciò posto, considerato che l’Iri intende «favorire la capitalizzazione delle imprese», come reso palese dalla relazione illustrativa alla legge di Bilancio 2017, è necessario privilegiare, in ogni caso, una lettura che consenta di minimizzare il carico fiscale se i redditi sono mantenuti all’interno società. Coerentemente, le ritenute applicate sulle provvigioni pagate alla società dovrebbero essere immediatamente detratte dall’Iri (in conformità alla deroga al principio di trasparenza disposta dal comma 5 dell’articolo 55-bis del Tuir) e, in caso di ritenute eccedenti, queste dovrebbero essere riportate in avanti per essere detratte dall’Iri dei successivi periodi d’imposta. In ultima analisi, per la parte di esse che non trovasse capienza nell’Iri, le ritenute eccedenti dovrebbero essere attribuite pro-quota ai soci o all’imprenditore individuale all’atto del prelevamento degli utili e detratte dalla loro rispettiva Irpef, in linea con il principio secondo cui la fiscalità del reddito di impresa dei soggetti Irpef deve pur sempre essere riferita ai soci o all’imprenditore individuale.
È dunque auspicabile un chiarimento puntuale di prassi in tal senso.