Irrevocabile il rimborso all’Ati che opera in modo unitario
Va riconosciuta la soggettività passiva a un’Associazione temporanea di imprese (Ati), costituita per l’esecuzione di lavori in Italia e all’estero, alla quale l’amministrazione finanziaria ha assegnato la partita Iva ed erogato un rimborso d’imposta. E ciò, anche se successivamente tale rimborso viene chiesto in restituzione nel presupposto che la partita Iva sia stata attribuita per errore, vista «l’inesistenza soggettiva dal punto di vista tributario» dell’Ati. È questa la conclusione della Ctp Vicenza 230/1/2017 (presidente e relatore Pietrogrande), che pare fondata su due ordini di motivi.
I rapporti. Innanzitutto, quasi a sottolineare il legittimo affidamento riposto dal contribuente nel comportamento dell’amministrazione, i giudici prendono in considerazione il fatto che l’ufficio, dopo il presunto “errore” nell’attribuzione della partita Iva (elemento che, in base alla consolidata giurisprudenza comunitaria, rappresenta in effetti solo un dato formale, inidoneo a certificare la concreta soggettività passiva dell’operatore), abbia tuttavia continuato a relazionarsi con l’Ati. Con quest’ultima, dapprima, l’ufficio ha instaurato il contraddittorio preventivo in vista di una possibile definizione in adesione della vertenza e, poi, le ha notificato l’avviso di accertamento.
Gli elementi di fatto. In secondo luogo, i giudici vicentini danno rilievo a una serie di elementi di fatto, tutti sintomatici dell’operatività dell’associazione temporanea quale «ente autonomo e diverso dalle società partecipanti». Tra questi:
• l’intestazione delle fatture e dei documenti all’Ati;
• la titolarità di un conto corrente bancario;
• l’adozione di un criterio percentuale di riparto degli avanzi gestionali.
In pratica, i giudici sembrano aver dato seguito (ritenendole evidentemente verificate, nel caso di specie) alle indicazioni di prassi della stessa agenzia delle Entrate (risoluzioni 172/E/2007 e 246/E/2008), secondo cui l’autonomia soggettiva dell’Ati dipende dalla circostanza che le imprese raggruppate si comportino nell’esecuzione dei lavori «in modo unitario e indistinto», tanto all’interno del raggruppamento d’imprese quanto nei rapporti con l’esterno.
Questo, tuttavia, è solo l’ultimo orientamento interpretativo dell’amministrazione finanziaria, la quale più volte è intervenuta sul tema, con esiti non sempre coerenti (fra le altre, si vedano le risoluzioni 9/2147/1982 e 550231/1988).
Inoltre, anche la Cassazione (sentenza 6791/2009) non pare allineata all’impostazione seguita dalla prassi più recente. Pertanto, in attesa di ulteriori contributi giurisprudenziali, non resta che segnalare l’opportunità di un intervento legislativo sul tema. Il modello potrebbe essere quello delle «reti di imprese» previste dal Dl 5/2009, cui con successive modifiche normative (Dl 83/2012 e Dl 179/2012) è stata espressamente attribuita, a determinate condizioni, la facoltà di acquisire autonoma soggettività giuridica anche a fini tributari (Iva compresa), come illustrato dalle Entrate nella circolare 20/E/2013.