Contabilità

Iscrizione al Registro imprese: il conservatore non può sindacare nel merito

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di Antonino Porracciolo

L’atto di cui si chiede l'iscrizione nel registro delle imprese non può essere sindacato nel merito dal conservatore e poi dal giudice del registro, a cui spetta solo il potere di verificare la corrispondenza formale dell’atto stesso al suo astratto modello legale. È questa la conclusione a cui è giunto il giudice del registro delle imprese del tribunale di Roma in un decreto del 17 luglio scorso. Il procedimento è stato aperto su richiesta del socio di una Srl per ottenere la cancellazione di due società dall’elenco dei soci della stessa Srl.

A sostegno della richiesta il ricorrente ha dedotto che l’acquisto delle quote da parte delle nuove socie era avvenuto in violazione della clausola di prelazione in favore degli altri soci, contenuta nello statuto sociale. Nel respingere la domanda, il giudice osserva, innanzitutto, che il registro delle imprese costituisce l’unica fonte con validità legale dei fatti e degli atti «riguardanti il mondo delle imprese» stesse, il che determina «nei confronti dei terzi un legittimo affidamento, giuridicamente tutelato, della legalità e validità delle informazioni e dei dati ivi inseriti». È inoltre pacifico - prosegue il tribunale - che il conservatore e poi il giudice del registro si debbano limitare a un controllo formale delle richieste, e cioè solo a una verifica del concorso delle condizioni previste dalla legge per l’iscrizione. Si discute quindi se tale controllo possa «spingersi fino a sindacare la validità, sotto il profilo civilistico, dell’atto» nonché la sua idoneità «a produrre gli effetti che da esso tipicamente derivano».

Sul punto il tribunale afferma che il controllo di legittimità è «limitato alla rilevazione di quei vizi di validità che siano individuabili “prima facie”»; quei vizi, cioè, che rendano l'atto non meritevole di iscrizione perché non conforme al modello legale. Si tratta, insomma, di un riscontro che non può arrivare a una valutazione di merito del contenuto dell’atto, giacché è rimesso a un processo ordinario il «giudizio relativo all'eventuale non corrispondenza al vero di quanto» rappresentato nello stesso atto.

Il giudice osserva quindi che è opponibile al terzo acquirente il patto di prelazione, contenuto nello statuto della società, relativo all’acquisto delle azioni sociali. Dalla violazione di tale patto, però, non deriva il diritto degli altri soci di riscattare la partecipazione nei confronti dell’acquirente, giacché - prosegue il tribunale, richiamando la sentenza 7003/2015 della Cassazione - comunque non è nullo il contratto concluso tra socio cedente e terzo cessionario. Di conseguenza, il conservatore, al momento della richiesta di iscrizione di un atto di compravendita di partecipazioni sociali, non può effettuare una verifica del rispetto della clausola statutaria di prelazione; tale valutazione, infatti, esula dal «giudizio di corrispondenza tra l'atto da iscrivere e il modello legale», giacché la cessione delle partecipazioni sociali «è perfettamente sussumibile nella fattispecie legale tipica a prescindere dal rispetto della clausola» stessa.

Così il tribunale ha respinto la richiesta di cancellazione delle acquirenti dall’elenco dei soci della Srl.

Tribunale di Roma - Decreto giudice imprese 5250/2017

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