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Iva in fattura, se non c’è danno erariale non occorre versare l’imposta in eccesso

Corte Ue: il soggetto passivo non è tenuto a versare all’Erario l’Iva indicata in fattura e non dovuta, se i clienti sono solo consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’imposta

La Corte di Giustizia Ue – con la sentenza resa nella causa C-378/21 dell’8 dicembre 2022 – ha stabilito che non sempre il soggetto passivo Iva è obbligato al versamento dell’Iva indicata in fattura e non dovuta.

Sebbene l’articolo 203 della direttiva 2006/112/Ce (recepito nel nostro ordinamento all’articolo 21, comma 7, del Dpr 633/72) disponga che l’Iva deve essere versata all’Erario per l’intero ammontare indicato in fattura anche se non dovuto, nel caso in cui non ci sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale – e, dunque, di danno erariale – la previsione normativa può essere superata e non trovare applicazione.

La rettifica negata

Una società, esercente attività di un parco giochi al coperto, aveva applicato nel 2019 l’aliquota Iva del 20% sulle proprie prestazioni, rese esclusivamente nei confronti di consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’Iva pagata a monte.

Successivamente, la società si era resa conto che l’aliquota Iva applicabile per legge alle sue prestazioni non era quella del 20%, bensì quella del 13%, e aveva così rettificato la dichiarazione Iva affinché la relativa eccedenza venisse riconosciuta e accreditata dall’amministrazione finanziaria. Quest’ultima aveva però negato tale rettifica, ritenendo che, alla luce della normativa unionale, l’Iva dovesse essere corrisposta sulla base di quanto indicato in fattura.

L’articolo 203 della direttiva 2006/112/Ce ha lo scopo di eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale Iva che può derivare dall’erroneo diritto alla detrazione da parte del cliente (Cgue, causa C-712/17). E infatti, sulla base della norma, l’Iva è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura. Inoltre, la Corte di Giustizia ha avuto modo di precisare che l’Iva indicata in una fattura è dovuta dall’emittente di tale fattura, anche in assenza di una qualsiasi operazione imponibile reale sottostante.

Pertanto, la disposizione trova sicuramente applicazione laddove l’Iva sia stata erroneamente applicata e vi sia un effettivo e concreto rischio di perdita di gettito fiscale a causa del fatto che il destinatario della fattura in questione può avvalersi del proprio diritto alla detrazione dell’imposta così determinata.

Nessuna perdita di gettito

Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha escluso l’esistenza di un rischio di perdita di gettito fiscale con la motivazione che la clientela della società era costituita, nell’esercizio fiscale in questione, esclusivamente da consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’Iva pagata a monte. Pertanto, l’articolo 203 della direttiva 2006/112/Ce deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo, il quale abbia prestato un servizio e abbia indicato nella propria fattura un importo di Iva calcolato sulla base di un’aliquota errata, non è debitore, in base a tale disposizione, della parte dell’Iva erroneamente fatturata qualora non vi sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale, poiché i destinatari di tale servizio sono esclusivamente consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’Iva pagata a monte.

La natura cartolare della fattura, quindi, può essere superata nel caso in cui non ci sia alcun rischio fiscale per l’Erario.