Imposte

Iva, per la Cassazione una sola aliquota per l’acquisto del fabbricato

immagine non disponibile

di Angelo Busani

Se oggetto di un contratto di compravendita sia un intero fabbricato, composto da unità immobiliari di diversa natura (abitativa e strumentale), l'aliquota Iva «non può essere che unica e applicabile all'intero corrispettivo unitariamente valutato». E' questa la decisione della Cassazione nella sentenza n. 9661 del 14 aprile 2017.

Nel caso analizzato dalla Suprema Corte furono emesse due fatture: una con l'aliquota del 10 per cento per le porzioni abitative del fabbricato, l'altra con l'aliquota del 20 per cento per le unità immobiliari di natura strumentale. La Cassazione afferma che l'aliquota Iva deve invece essere unica (evidentemente: quella più elevata) per la ragione che il contratto aveva «ad oggetto un immobile unitariamente considerato»: di conseguenza, il «corrispettivo non è legittimamente parcellizzabile con una fittizia ripartizione dello stesso secondo le diverse porzioni immobiliari al fine dell'applicazione a ciascuna di una differente aliquota Iva, la quale non può essere che unica e applicabile all'intero corrispettivo dell'immobile unitariamente valutato».

Il ragionamento della Cassazione giunge però a questa conclusione senza minimamente spiegarne le ragioni, come se nel sistema esistesse una norma esplicita o un principio implicito dal quale derivare pedissequamente la decisione che la Cassazione ha assunto. Alle stesse conclusioni della sentenza 9661/2017 era giunta, pure senza motivare, la circolare 1 del 2 marzo 1994. Invece, nella successiva circolare 182 dell'11 luglio 1996, in vista della necessità di applicare contemporaneamente, in una data fattispecie, sia l’Iva che l’imposta di registro, si legge che nel caso di cessione di «un fabbricato contenente unità immobiliari destinate solo in parte ad uso abitativo, il cedente … dovrà evidenziare distintamente i corrispettivi relativi alle vendite di abitazioni dagli altri relativi alle unità non abitative, atteso il diverso regime tributario, Iva o registro, previsto dal legislatore».

Per il vero, nel sistema, una norma o un principio come quelli presupposti dalla Cassazione paiono non esistere. Anzi, nel parallelo mondo dell’imposta di registro, è esplicitamente dettato il principio contrario, vale a dire quello per il quale, nel caso di sottoposizione a tassazione di beni cui la legge riferisce aliquote diverse, in tanto si applica l’aliquota più elevata in quanto il loro valore sia complessivamente dichiarato; quando invece, nel caso di ripartizione del valore per ciascuno dei beni da tassare, ognuno di essi sconta l’aliquota sua propria. Tra l’altro, questo sistema di tassazione tipico dell’imposta di registro, ha un inevitabile riflesso anche in campo Iva, in quanto, se si abbia una fatturazione in esenzione da Iva e si tratti della cessione di un fabbricato strumentale, il registro è dovuto in misura fissa, mentre, quando si tratta della cessione di un fabbricato abitativo, il registro è dovuto in misura proporzionale.

Inoltre, che anche l’Iva sia “spacchettabile” lo insegna la prassi dell’agevolazione “prima casa”: se Tizio (avente diritto al beneficio fiscale) compra contemporaneamente dal costruttore due abitazioni (si immagini un villino bifamiliare), per una di esse la fattura va al 4% mentre per l'altra l'Iva è dovuta al 10 per cento. Ancora, se il costruttore vende al predetto Tizio un villino composto da un’abitazione con due garage, l’abitazione e un’autorimessa si tassano con Iva 4% mentre il secondo garage sconta Iva con aliquota 10 per cento.

Insomma, il ragionamento della Cassazione pare artificioso quando afferma che l’articolazione del corrispettivo sarebbe illegittima perché provocherebbe «una fittizia ripartizione dello stesso»: ne è prova la considerazione che, se le unità immobiliari in questione non fossero vendute “in blocco”, ma fossero fatte oggetto di una pluralità di atti di cessione, dovrebbe evidentemente essere indicato un corrispettivo relativo a ciascuna di esse, senza che ciò possa essere tacciato di fittizietà. Allora, non pare esservi risposta al rilievo secondo cui è contraddittorio ritenere che lo stesso risultato economico (la vendita di un intero edificio) sia tassato in un modo – e cioè con un'unica aliquota – se raggiunto mediante un solo contratto e sia invece tassato in altro modo, se raggiunto con una pluralità di contratti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©