Iva, con la revisione il prorata generale diventa un’opzione
I proventi tassati consentiranno la detrazione dei componenti negativi specifici
Il principio di imputazione specifica dei componenti negativi a quelli positivi, laddove usufruiscano di un regime di esenzione, fa parte da sempre della nostra cultura tributaria delle imposte dirette, tanto che si trova ancora nell’articolo 109, comma 5, del Tuir. L’attribuzione pro-quota si riferisce solo ai componenti comuni alle due tipologie.
La forzatura del prorata generale nell’ordinamento dell’Iva ha generato disequilibri e rischi di errore, pagati a caro prezzo: inserimento di un’attività imponibile nella struttura di una esente, anche per effetto di un’operazione di riorganizzazione aziendale, senza separare l’attività; moltiplicazione dei sottogruppi Iva, per non incappare nel prorata generale che avrebbe colpito il gruppo.
Il primo caso è un classico delle società finanziarie (attività esente) che ne incorporano una operativa nel leasing (attività imponibile); il secondo si è visto con la tanto auspicata introduzione del gruppo Iva. Con l’imputazione specifica e la limitazione del prorata ai soli costi comuni un gruppo bancario o assicurativo avrebbe potuto costituire un solo soggetto collettivo, così che, ad esempio, la società di informatica del gruppo avrebbe evitato di fatturare all’interno dell’aggregazione, mentre la costituzione del sottogruppo «esente» e del sottogruppo «imponibile» ha fatto venir meno le semplificazioni obiettivo di questa costruzione giuridica.
Le conseguenze negative del prorata generale hanno formato oggetto della sentenza della Corte di giustizia Mercedes Benz Italia (C-378/15 del 14 dicembre 2016): l’avvocato generale aveva proposto una declaratoria di incompatibilità con la direttiva, in quanto può determinare una lesione del diritto di detrazione. La Corte salva questa regola – doveva farlo perché è una di quelle previste dalla direttiva – con una conclusione nel dispositivo a dir poco singolare: il prorata generale è legittimo anche se non rispetta il criterio di calcolo fondato sulla natura e sulla destinazione effettiva di ciascun bene e servizio acquistato, rispettando oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese sostenute. Per la Corte la salvezza dell’imputazione specifica può venire dalla nozione di accessorietà, che peraltro non è accertabile con sufficiente certezza. Un altro ambito interessato dal prorata generale è quello immobiliare, dove una delle criticità è data dal testo non aggiornato dell’articolo 36 sulla separazione di attività, che non tiene conto del mutamento delle regole tra operazioni imponibili ed esenti, dopo la riforma del 2012.
La legge delega interviene su questi due contesti: cominciamo dall’ultimo con un obiettivo di ampliare le opzioni per l’imponibilità. Per il prorata, oggi la regola default è per quello generale e la separazione di attività per opzione. Con le nuove norme il criterio normale sarà per l’imputazione specifica (i proventi tassati consentiranno la detrazione di tutti i componenti negativi specifici, viceversa i proventi esenti). Il prorata generale dovrà invece formare oggetto di una opzione, nei casi in cui questo criterio fosse ritenuto più semplice da gestire.