Imposte

Iva, lo sconto per il coronavirus nella nota di credito del fornitore

Il trattamento fiscale della riduzione di prezzo dovuta all’emergenza sanitaria

Qual è il corretto trattamento ai fini Iva e delle imposte dirette per le riduzioni di prezzo sui beni o sui servizi richiesti dai clienti ed accettati dai fornitori per le fatture già emesse negli scorsi mesi e in pagamento in queste o nelle prossime settimane? Si tratta di uno sconto, in genere incondizionato, oppure può essere individuato quale transazione in base all’articolo 1965 del Codice civile? E nel caso di rinuncia unilaterale del fornitore?

La riduzione dell’importo da pagare nei settori chiusi

Esaminiamo il caso in cui la richiesta di riduzione dell’importo da pagare è esclusivamente correlata alla (crescente) difficoltà finanziaria del cliente/committente di pagare la fornitura di beni o di servizi, con specifico riferimento a settori obbligatoriamente “chiusi” a causa delle misure di contenimento del coronavirus (ad esempio, moda e turismo) con la conseguente impossibilità di vendere a clienti terzi i beni e servizi già acquistati e fatturati.

Il committente/cessionario richiede al fornitore di effettuare uno “sconto” anche in misura forfettaria (ad esempio, il 10 per cento) rispetto alla fornitura originaria e anche una rideterminazione delle modalità di pagamento contenute nel contratto o nel contratto-quadro, originario; quest’ultimo è quindi oggetto di variazione con un’opportuna e consigliabile integrazione scritta.

L’emissione di una nota di credito

A questo punto si deve quindi valutare se il fornitore abbia la possibilità di emettere una nota di credito con la dicitura «sconto incondizionato a seguito degli effetti economico-finanziari del coronavirus». Tale sconto può essere anche “forfettario”, in quanto conteggiato in una determinata percentuale delle fatture già emesse e con il pagamento sospeso.

Pur essendo necessario esaminare le volontà di fornitore e cliente caso per caso, si ritiene che in genere sia possibile l’emissione di una nota credito, con evidenziazione di imponibile e Iva, ricorrendo all’articolo 26 del Dpr 633/1972, commi 2 e 3, con focus su due elementi: lo sconto “incondizionato” e il sopravvenuto accordo tra le parti da redigersi in forma scritta.

Infatti, il comma 2 dell’articolo 26 ricorda che «se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile (....) in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25».

Il comma 3 prevede che la disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di «sopravvenuto accordo fra le parti».

Le conferme delle Entrate

In sintesi, come confermato recentemente dall’agenzia delle Entrate con la risposta 172/2019, si ha che i commi 2 e 3 dell’articolo 26 regolano le variazioni in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta il cui esercizio:

ha natura facoltativa (circolare ministeriale 9 agosto 1975 n. 27/501706 e tra tutte la sentenza della Cassazione 11 maggio 2012 n. 7330), diversamente dalle variazioni in aumento, che sono invece obbligatorie;

è previsto senza limiti di tempo nei casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali rientrano le ipotesi la concessione di sconti o abbuoni previsti contrattualmente, ovvero, entro un anno dall’effettuazione dell’operazione, nel caso in cui la variazione interviene con successivo accordo tra le parti.

Lo stesso interpello 172/2019 su un quesito di un’azienda della grande distribuzione, ha ricordato che:

la nota credito ai fini Iva può essere emessa solo dal fornitore che la deve inviare allo Sdi, secondo le usuali modalità;

è possibile anche l’emissione di «note di debito» da parte dei cessionari/committenti (analogiche o elettroniche extra Sdi) per un utilizzo ai soli fini delle imposte dirette, per rettificare, esclusivamente sul piano finanziario, il documento originario, sempre che ciò avvenga in presenza di idonea documentazione e, quindi, che le note si collochino in un completo e coerente quadro probatorio (si veda la risoluzione 36/E del 2008).

Attenzione, invece in caso di rinuncia unilaterale del fornitore. Perché in questo caso non si ritiene possibile l’emissione di una nota di variazione, ma è necessario trattare l’operazione come “liberalità” e quindi l’Iva rimarrebbe in capo al fornitore rinunciatario.

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