Imposte

L’Agenzia prefigura l’imposizione in entrata

Circolare 34/E/2022: in un passaggio l’Amministrazione arriva a contraddire se stessa

di Andrea Vasapolli

La circolare 34/2022 contiene un passaggio oscuro, rappresentato dall'ultimo capoverso del paragrafo 4.6. Tale paragrafo contiene due affermazioni, entrambe non comprensibili e comunque non condivisibili.

Nella prima viene affermato che la disposizione di cui all'articolo 45, comma 4-quater del Tuir troverebbe applicazione a tutte le tipologie di trust (quindi sia opachi che trasparenti, commerciali o non commerciali) siano essi residenti o non residenti. La disposizione prevede che qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito.

Al paragrafo 3.5 della circolare 34/2022 viene fornita una interpretazione esattamente opposta a quella riportata, in quanto si afferma, a nostro avviso correttamente, che sebbene la disposizione operi un generico riferimento ai «trust esteri», «si ritiene che la stessa si applichi, in linea di principio, ai trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata».

Non solo, se l'affermazione contenuta nell’ultimo capoverso del paragrafo 4.6 dovesse essere applicata, qualunque attribuzione ai beneficiari fatta dal trustee di un trust trasparente, ovvero opaco non commerciale, potrebbe andare esente da imposta sulle donazioni, in quanto l'intero patrimonio del trust verrebbe automaticamente qualificato avente natura di reddito (quindi irrilevante ai fini dell'imposta sulle donazioni) in assenza di contrarie evidenze documentali che nessuno avrebbe interesse a esibire.

A tale non condivisibile affermazione ne viene collegata una seconda che in sintesi afferma che sulla base di tale interpretazione dell'articolo 45, comma 4-quater del Tuir se il contribuente può documentalmente distinguere se l'attribuzione che riceve dal trust ha natura di reddito o di patrimonio e può farlo anche per i periodi d'imposta precedenti, allora sarebbe possibile procedere alla registrazione volontaria anticipata delle quote del fondo in trust riferibili al capitale. In tal caso, secondo le Entrate, «la registrazione volontaria anticipata esclude l'applicazione dell'imposta di donazione al momento della effettiva devoluzione del capitale al beneficiario».

Per l'Agenzia esisterebbe quindi un qualche modo per mantenere la «tassazione all'entrata» dei trust.

Anche in questo caso appare oscuro cosa volesse sostenere le Entrate. In primo luogo tale affermazione pone, come presupposto della registrazione volontaria delle quote del fondo in trust aventi natura di capitale, le evidenze documentali che si formano in occasione della successiva distribuzione di tali quote, il che è incomprensibile. Come si fa a tassare la dotazione di patrimonio al trust se il presupposto della sua imposizione (l'avere natura di capitale) viene comprovato dal beneficiario solo al momento in cui tale patrimonio gli viene attribuito?

In secondo luogo, e in ogni caso, l'eventuale assoggettamento ad imposizione “all'entrata” delle quote del fondo in trust aventi natura di patrimonio sarebbe privo di effetto liberatorio verso lo Stato, in quanto è oramai pacifico che il trasferimento del patrimonio al trustee non costituisce presupposto legittimante l'imposizione con riferimento all'imposta sulle donazioni e non è certo una circolare che può modificare i presupposti oggettivi dell'imposizione. L'imposta assolta all'entrata sarebbe quindi nient'altro che un pagamento indebito, del quale potrebbe essere solo chiesto il rimborso nel termine decadenziale di tre anni ex articolo 42, comma 2, del Dlgs 31 ottobre 1990, n. 346.

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