Controlli e liti

La cartella saldata per evitare l’espropriazione non comporta automatica acquiescenza

L’impugnazione di una cartella che una società decideva di pagare nelle more di un giudizio

ADOBESTOCK

di Laura Ambrosi

Il pagamento di quanto eseguito dal contribuente in modo non spontaneo, ma per evitare successivi atti esecutivi in proprio danno, non comporta acquiescenza alla pretesa tributaria e di conseguenza non determina la cessazione della materia del contendere. A precisarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 20962 depositata ieri.

La pronuncia trae origine dall’impugnazione di una cartella di pagamento che una società, in quanto responsabile in solido, decideva di pagare nelle more del giudizio.

La Ctp dichiarava l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e la Ctr cui si rivolgeva la contribuente confermava tale decisione. In particolare, per i giudici di appello il versamento eseguito aveva natura di adempimento di obbligazione pecuniaria non revocabile con conseguente improcedibilità del giudizio per carenza di interesse.

La società ricorreva allora per Cassazione lamentando sostanzialmente che il pagamento era stato eseguito allo scopo di evitare successivi procedimenti espropriativi e non quale adempimento spontaneo dell’obbligazione tributaria.

La Suprema corte ha accolto il ricorso. Secondo i giudici di legittimità, infatti, la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongono conclusioni conformi in tal senso al giudice. Tale principio di carattere generale trova applicazione anche nel processo tributario occorrendo così che una parte in giudizio abbia conseguito l’integrale soddisfacimento direttamente ad opera della controparte. Nel caso in cui il fatto sopravvenuto sia assunto da una sola parte, in assenza di conclusioni conformi, il giudice ha il compito di valutare l’avvenuto soddisfacimento.

Il pagamento, al pari della rateazione degli importi pretesi, non integra acquiescenza. In sostanza, chiarisce la sentenza, non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento del pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione, l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine alla pretesa stessa. Salvo, ovviamente, non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il debito tributario risultando irripetibile il versamento solo di quanto spontaneamente pagato.

Nella specie il contribuente aveva allegato, sin dal primo grado, che il pagamento era stato eseguito in corso di causa non spontaneamente, ma per evitare successivi atti espropriativi in proprio danno, il che non può essere qualificato come acquiescenza alla pretesa tributaria.

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