Imposte

La giostra dei prelievi costa fino a 650 euro extra

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di Giuseppe Latour e Giovanni Parente

C’è uno spread tutto interno al nostro Paese. È l’effetto differenziale sulla tassazione complessiva prodotto dalle addizionali Irpef locali. In pratica, un contribuente che risiede a Roma paga più di cinque volte le addizionali di un residente a Bolzano. Questa differenza, pari a 650 euro, si è molto allargata rispetto al 2012, quando tra la città più e quella meno colpita da addizionali correva uno scarto di circa 400 euro.

La crescita “invisibile” delle addizionali regionali e comunali ha reso, insomma, sempre più evidente un fenomeno: il carico fiscale al quale siamo sottoposti cambia di molto a seconda del nostro Comune di residenza. Secondo i dati elaborati da Confprofessioni, la differenza si misura ormai in diverse centinaia di euro. E non è un fenomeno isolato. Senza guardare solo agli estremi, tra le città con il prelievo più elevato, come Milano o Torino, e quelle dove si paga di meno, come Trento o Gorizia, la forbice viaggia nell’ordine dei 400 euro.

Per misurare questo effetto con precisione, basta guardare i numeri che fotografano l’imposta media pro capite. Bisogna considerare che la quantità di imposte versate non dipende solo dalle aliquote applicate dagli enti locali, ma anche da altre variabili, come il livello dei redditi, le esenzioni e gli scaglioni. In altre parole, è normale che in aree più ricche si versino più addizionali rispetto a zone più povere. Detto questo, però, restano altri aspetti da sottolineare.

Guardando la classifica dei capoluoghi di provincia, Roma si conferma nettamente in testa, con poco più di 770 euro di carico da addizionali comunali e regionali a persona: 158 euro in più di quanto si pagava nel 2012. Subito dietro ci sono Milano, con 653 euro (+147 euro), Torino con 638 euro (+135 euro), Novara con 627 euro (+113 euro), Biella con 600 euro (+131 euro), Bologna con 597 euro (+53 euro).

Scorrendo l’elenco di tutti i capoluoghi italiani, sempre secondo lo studio condotto da Confprofessioni, sono solo 19 quelli che rispetto al 2012 hanno abbassato il loro livello di addizionali. Tra questi va evidenziato il caso del Trentino Alto Adige: qui l’imposta media regionale si è quasi dimezzata, trascinando in basso il prelievo. Nella grande maggioranza dei casi, le imposte sono invece cresciute. In percentuale, a soffrire l’incremento più rilevante sono stati i pisani (+42%), seguiti da livornesi (35%) e astigiani (+33%).

Ma il dato più interessante è che, spostandosi da regione a regione, si incontra un carico fiscale spesso molto più leggero. Senza analizzare casi estremi in positivo, come Bolzano (120 euro) e Barletta (212 euro), basta dire che a Venezia le addizionali pesano solo 425 euro a testa, a Mantova 399 euro, a Rimini 318 euro e a Trani 305 euro.

Alcune amministrazioni, quindi, sono riuscite a seguire la strada dell’alleggerimento del prelievo, anche se la finanza pubblica ha camminato, in questi anni, in una direzione decisamente opposta: Bolzano ha fatto risparmiare circa 136 euro a testa ai suoi cittadini, Catanzaro 47 euro e Trento circa 46 euro.

Addirittura, se usciamo dal recinto dei capoluoghi, possiamo osservare come nelle città più piccole questi fenomeni risultino addirittura amplificati. Guardando le classifiche di Confprofessioni, Lajatico, in provincia di Pisa, detiene il record assoluto, con 994 euro di carico per le addizionali. San Pietro Val Lemina, in provincia di Torino, è arrivata a 960 euro, poco sopra a Pino Torinese a 959 euro.

In fondo alla graduatoria, c’è un lungo elenco di Comuni in provincia di Bolzano. Qui il prelievo viaggia su importi invidiabili per tutto il resto del paese: tra i 10 e i 30 euro a testa.

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