La prescrizione dal fallimento
La prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci decorre non dal momento in cui i creditori abbiano avuto effettiva conoscenza dell’insufficienza patrimoniale ma dal momento, che può essere anteriore o posteriore alla dichiarazione del fallimento, in cui essi siano stati in grado di conoscere lo stato di grave e definitivo squilibrio patrimoniale della società. È la linea interpretativa seguita dalla Cassazione.
I giudici di legittimità ritengono poi che sussiste una presunzione di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando all’amministratore/sindaco convenuto nel giudizio, che eccepisca la prescrizione dell’azione di responsabilità, dare la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale.
Quindi l’amministratore/sindaco dovrà non solo dimostrare che lo squilibrio patrimoniale della società si sia verificato precedentemente alla data dichiarazione di fallimento, ma anche che di tale insufficienza patrimoniale l’intero ceto creditorio potesse oggettivamente esserne a conoscenza. Questo onere può essere assolto anche facendo riferimento ai dati emergenti dal bilancio di esercizio.
Secondo la giurisprudenza, infatti, (per tutte Cassazione 6719/2008) si tratta di un documento opponibile erga omnes con «leggibilità anche per operatori non particolarmente qualificati», a condizione che l’interpretazione dei relativi dati non richieda particolari nozioni tecniche o la conoscenza di informazioni ulteriori non a disposizione del creditore “medio”.
In merito poi al danno risarcibile, secondo le Sezioni unite (sentenza 9100/2015) la relativa liquidazione deve essere operata avuto riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che il curatore ha l’onere di allegare, al fine di verificare il nesso causale tra gli inadempimenti e il danno lamentato. La mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabile all’amministratore, di per sé non giustifica che il danno da risarcire sia individuato e liquidato nella differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare.