Imposte

La pressione fiscale scende al 40,8%

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di Davide Colombo

Nel terzo trimestre del 2016, intervallo in cui la variazione del Pil sarebbe tornata in linea con la media dell’Eurozona (+0,3%), la pressione fiscale è scesa di due decimali (al 40,8% dal 41% del terzo trimestre del 2015). Lo ha reso noto Istat nel Conto trimestrale delle Ap diffuso ieri, un documento che reca con sé anche un aggiornamento dell’indebitamento netto del periodo, in peggioramento di un decimale, al 2,1%.

Il dato relativo alla pressione fiscale, diversamente commentato ieri da esponenti politici di maggioranza e opposizione, potrebbe essere coerente con gli obiettivi programmatici del Governo che ne indicano un calo per l’anno che s’è appena chiuso dal 43,4% al 42,6% (dal 42,8% al 42,1% al netto del bonus da 80 euro). La manovra sull’anno passato (legge 208/2015), che ha determinato un maggiore indebitamento netto di 14,5 miliardi, mirava in effetti a introdurre un processo di graduale riduzione del carico fiscale per incoraggiare l’offerta di lavoro e gli investimenti in capitale fisso delle imprese. Più in particolare, la manovra ha toccato sia la domanda che l’offerta, attraverso misure specifiche a favore del sostegno del reddito disponibile di famiglie e imprese.

Gli interventi hanno riguardato il blocco degli aumenti delle imposte e delle accise previste dalle clausole di salvaguardia introdotte dalla precedente legge di Stabilità e nella riduzione della pressione fiscale sulle proprietà immobiliari adibite ad abitazione principale, sui terreni agricoli e i macchinari d’impresa cosiddetti “imbullonati”. Mentre solo da quest’anno le imprese beneficeranno della riduzione dell’aliquota Ires. A fine 2017 la pressione fiscale obiettivo del Governo tornerebbe scendere dello 0,9% per via, in particolare, della nuova sterilizzazione degli aumenti delle accise e dell’Iva (l’ultima manovra del governo Renzi vale all’incirca 29 miliardi, di cui il 60% sono di minori entrate e il rimanente 40% di maggiori spese).

Tornando al comunicato Istat di ieri resta da registrare che nel terzo trimestre il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,3%. Ne deriva che la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari al 9,3%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Per le famiglie, tenendo conto di un deflattore implicito dello 0,2% sui consumi, il potere d’acquisto sarebbe in lieve aumento (+0,1%).

Infine, i dati sulle aziende non finanziarie. La quota di profitto (definita come rapporto tra risultato lordo di gestione e valore aggiunto lordo a prezzi base) nel terzo trimestre 2016 è stata pari al 41,7%, un dato in aumento dello 0,4% rispetto all’anno precedente. Il tasso di investimento (definito come rapporto tra investimenti fissi lordi e valore aggiunto a prezzi base) è stato invece pari al 19,4%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2015.

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