La regolarizzazione della fattura consente di evitare la sanzione
Nella prassi commerciale può verificarsi che il cessionario o il committente, decorsi i termini normativi, non riceva dal proprio fornitore la fattura, oppure che la stessa, ancorché regolarmente consegnata, rechi alcune irregolarità.
In merito l’articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/1997 dispone che il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o sevizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare, è punito, salva la responsabilità del cedente, con una sanzione amministrativa pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro. Tale sanzione, che chiaramente non sostituisce quella irrogabile nei confronti del fornitore, può essere evitata se il cliente provvede alla regolarizzazione dell’operazione secondo le modalità indicate dalla stessa norma.
Qualora, infatti, il fornitore non abbia ricevuto la fattura negli ordinari termini previsti dalla disciplina Iva, questi deve, entro i 30 giorni successivi alla fine del quarto mese successivo alla data di effettuazione dell’operazione, pagare l’imposta relativa e presentare all’ufficio competente un «documento» in duplice esemplare (autofattura) dal quale risultino le indicazioni all’articolo 21 del Dpr 633/1972, concernente la fatturazione dell’operazione stessa.
Una volta avvenuta la regolarizzazione, un esemplare del documento con relativa attestazione del pagamento deve essere restituito dall’ufficio competente al contribuente che provvederà all’annotazione nel registro degli acquisti. Allo stesso modo, in caso di ricevimento di una fattura irregolare, la sanzione può essere evitata se il soggetto interessato provvede alla presentazione di un «documento integrativo», in duplice esemplare, con attestazione del versamento dell’imposta dovuta.
Al termine della procedura l’ufficio restituisce un’attestazione di regolarizzazione e di avvenuto pagamento, che il contribuente deve annotare nel registro degli acquisti ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione del tributo.
Per quanto concerne, nell’ipotesi di fattura irregolare, i controlli riguardanti la regolarità del documento cui è tenuto il committente o cessionario, si ricorda che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, tale verifica va circoscritta a un esame formale dei requisiti previsti dall’articolo 21 del decreto Iva, «tra cui i dati relativi alla natura, qualità, quantità dei beni e servizi, l’ammontare del corrispettivo, l’aliquota, l’ammontare dell’imposta e dell’imponibile» (Cassazione, sentenza 26183/2014).
Con la sentenza 15302/2015 è stato inoltre precisato che esula dalla natura dei controlli qualsiasi valutazione in merito alla qualificazione giuridica dell’operazione. Come affermato dai giudici, infatti, imporre al cessionario o committente una ricognizione critica del rapporto giuridico sottostante, «trasformerebbe l’obbligato in rivalsa in un collaboratore con supplenza in funzioni di esclusiva pertinenza dell’ufficio finanziario, e, dunque, andrebbe oltre la ratio di assicurare all’ufficio la conoscenza piena dei fatti rilevanti ai fini impositivi, introducendo una sorta di accertamento privato in rettifica della dichiarazione del debitore d’imposta».