La risoluzione del contratto non porta a una nuova cessione del credito Iva
La risoluzione di un contratto attraverso il quale è stato ceduto un credito Iva non porta a una seconda cessione dello stesso credito, che è vietata dalla norma. In merito alla cessione dei crediti tributari, con la risoluzione 39/E/2017 , l’agenzia delle Entrate ha analizzato il caso di una cessione del credito Iva al fine di “garantire” un finanziamento concesso al cedente del credito stesso, finanziamento che poi si è estinto prima che il credito fosse comunque rimborsato.
L’istante che ha posto la questione interpretativa all’Agenzia sostiene, viste le norme vigenti al riguardo, che nella fattispecie specifica il rimborso del credito Iva debba essere comunque corrisposto al cessionario, erogatore di un finanziamento verso il cedente e garantito da quest’ultimo proprio attraverso la cessione del credito Iva, atteso il divieto posto dall’articolo 43-bis del Dpr 602/1973, di cedere nuovamente il credito da parte del cessionario.
L’agenzia delle Entrate, analizzata la questione e le clausole contrattuali che hanno regolato la cessione del credito Iva fra le parti, nonché qualificata la fattispecie in esame come “contratto di cessione del credito a scopo di garanzia”, fa presente preliminarmente che la cessione del credito Iva, chiesto a rimborso tramite la dichiarazione dei redditi, e notificato all’Amministrazione finanziaria, è opponibile nei confronti della stessa Amministrazione in base al combinato disposto dall’articolo 43-bis, co. 3, del Dpr 602/1973 e dell’articolo 1, co. 4, del Dm 384/1997.
In merito al divieto di doppia cessione del credito, stabilito sempre dal menzionato articolo 43-bis che letteralmente prescrive che «il cessionario non può cedere il credito oggetto della cessione», l’Agenzia sottolinea che qualora il cessionario addivenisse alla rinuncia della cessione del credito, per l’estinzione del finanziamento, allora essa si configurerebbe, nella sostanza, come una seconda cessione del credito stesso, vietata dalla legge.
Nel caso specifico, però, non si tratta di una rinuncia al credito bensì dell’intervenuta risoluzione del contratto di cessione del credito, a seguito dell’adempimento, da parte del cedente, del debito garantito. A questo punto non scatta il divieto di doppia cessione e il credito (ri)torna legittimamente in capo al cedente visto che egli ha adempiuto correttamente alla propria obbligazione con riferimento alla quale aveva ceduto in garanzia il credito. In ogni caso tale nuovo cambiamento di titolarità del credito deve essere oggetto di nuova comunicazione all’Amministrazione finanziaria.
Il comma 4, dell’articolo 1, del Dm 384/1997, già menzionato, stabilisce, infatti, che per avere efficacia l’atto con cui viene ceduto un credito tributario deve essere notificato all’ufficio delle entrate o al centro di servizio presso il quale è stata presentata la dichiarazione dei redditi del cedente, nonché al concessionario del servizio della riscossione competente in ragione del domicilio fiscale sempre del cedente, facendo riferimento alla data di cessione del credito.
La norma conclude stabilendo che “si considerano inefficaci nei confronti dell’Amministrazione finanziaria i successivi atti di cessione a terzi del credito ceduto”.
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Agenzia delle Entrate, risoluzione 39/E/2017