Contabilità

Rivalutazione dei beni d’impresa con effetto fiscale accelerato

Ammortamenti sui maggiori valori dal prossimo anno

di Giorgio Gavelli

La rivalutazione dei beni d'impresa, dopo essere stata oggetto di modifiche con il decreto Liquidità e di una disposizione del decreto Rilancio, dovrebbe essere presente anche nel pacchetto fiscale del decreto Agosto, con sovrapposizioni che andrebbero eliminate. Ricordiamo che attualmente è prevista (si veda Il Sole-24 Ore del 27 luglio):

la rivalutazione “classica” di cui all'articolo 1, commi 697 e seguenti, della legge di Bilancio 2020, inizialmente rivolta ai bilanci 2019, ma che l'articolo 12-ter ha esteso sino ai bilanci 2021: si tratta di una misura che, secondo le Entrate, ha natura esclusivamente fiscale, nel senso che può essere operata solo pagando l'imposta sostitutiva del 12% per i beni ammortizzabili e del 10% per i beni non ammortizzabili. Il maggior valore ha effetto fiscale sugli ammortamenti dal terzo esercizio successivo, dal quarto per il realizzo dei beni;

la rivalutazione “gratuita” prevista dall'articolo 6-bis del Dl 23/2020 per le imprese del settore alberghiero e termale, da operare nei bilanci 2020 e/o 2021 con il solo costo (facoltativo) del 10% per l'affrancamento della riserva. L'effetto è immediato per gli ammortamenti e rinviato al quarto esercizio successivo in caso di realizzo (tranne la deroga rivolta a chi, tra questi soggetti, ha scelto la rivalutazione onerosa già in vigore per il 2019);

la rivalutazione “speciale” per le cooperative agricole e i consorzi a mutualità prevalente, anch'essa gratuita (e con efficacia differita) ma limitata alle perdite dei periodi precedenti computabili in diminuzione del reddito (articolo 84 de Tuir) e di cui il decreto Agosto dovrebbe modificare la compatibilità con il regime degli aiuti comunitari.

Questo panorama, già di per sé complesso, dovrebbe arricchirsi per il bilancio 2020 di una rivalutazione molto simile a quella introdotta a suo tempo dal Dl 185/2008, ossia con effetto anche solo dal punto di vista civilistico. La rilevanza fiscale si acquisisce facoltativamente con il pagamento di una imposta sostitutiva particolarmente modesta (attualmente del 3%), fatta sempre salva la possibilità di affrancare la riserva corrispondente versando il 10 per cento. L'effetto fiscale, per chi assolve la sostitutiva sui plusvalori, scatta dal 2021, ma solo dal 2024 per gli atti di realizzo. Si abbandona il concetto di categoria omogenea, potendo rivalutare distintamente ciascun bene.

Per il resto le regole restano le stesse, ad esempio in tema di beni rivalutabili e di riallineamento (anche per i soggetti Ias) se il valore è già iscritto in bilancio. Al di là che appare difficile la convivenza tra questa forma e quella “riaperta” dal decreto Liquidità, è evidente l'intenzione di permettere alle imprese di incrementare il patrimonio netto (con un costo limitato) senza dover ricorrere a risorse aggiuntive provenienti dai soci, anche se questi maggiori valori hanno degli effetti sul conto economico (e sul calcolo delle società di comodo in caso di rilevanza fiscale) che non vanno sottovalutati (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri).

Non va dimenticato che la sterilizzazione degli effetti negativi delle perdite in rapporto al capitale sociale, di cui all'articolo 6 del decreto Liquidità, ha un impatto temporale limitato.

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