Imposte

La strada per sterilizzare l’aumento dell’Iva passa ancora dal deficit

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di Dino Pesole

La via della flessibilità europea, versione 2018, passa attraverso un nuovo ritocco degli obiettivi di deficit. In questo modo si eviterà di aumentare l’Iva, che scatterebbe dal prossimo anno per effetto delle ormai famose clausole di salvaguardia, e si aprirà qualche margine in più per gli interventi “espansivi” in agenda.

Ottenuto il via libera da parte della Commissione Ue ai conti del 2017, il Governo comincia a dipanare la matassa per rendere meno oneroso il saldo finale della prossima manovra. Tra Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia si ragiona in particolare sul passaggio delle raccomandazioni rivolte due giorni fa al nostro Paese, in cui si sottolinea che la manovra del 2018 dovrà tener conto «dell’obiettivo di un’intonazione di bilancio che deve contribuire sia a rafforzare la ripresa in corso, sia ad assicurare la stabilità delle finanze pubbliche». È la prima volta – si osserva al Mef – che Bruxelles pone enfasi nelle raccomandazioni sul tema della «fiscal stance», in direzione di una crescita più sostenuta. In poche parole, si ammette esplicitamente che politica di bilancio dovrà essere favorevole alla crescita, soprattutto per un paese come l’Italia situato in fondo alla classifica europea per tassi di incremento del Pil. Non vi è alcuna indicazione sull’entità della correzione da realizzare nel prossimo anno. Come dire che i margini per trattare ci sono, anche se per ora è più opportuno sospendere la questione. E allora, l’obiettivo è dimezzare il taglio del deficit strutturale che a regole vigenti spetterebbe all’Italia, pari a 10 miliardi (lo 0,6% del Pil). Obiettivo da conseguire attraverso una rilettura dei criteri di calcolo sul Pil potenziale, che è il parametro base (la cosiddetta matrice) per fissare il valore del deficit depurato dalle variazioni del ciclo economico e dalle una tantum. Da anni, Roma e Bruxelles espongono cifre sull’output gap decisamente discordanti tra loro. Ed è da tempo in corso l’istruttoria in sede tecnica per rivedere il target del deficit strutturale.

A quel punto sarà possibile con la Nota di aggiornamento del Def di fine settembre rivedere al rialzo l’obiettivo di indebitamento netto nominale per il 2018. Al momento quel valore è indicato prudenzialmente all’1,2% (2,2% nelle stime della Commissione a politiche invariate). Se lo si portasse attorno, oppure leggermente al di sopra, del 2%, (comunque in zona sicurezza rispetto al tetto massimo del 3%), ecco liberarsi risorse per 13/14 miliardi (nell’ipotesi di uno sconto limitato allo 0,8% del Pil), più o meno quanto servirebbe per disattivare anche nel 2018 l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. È vero che la Commissione Ue non incorpora il ritocco dell’Iva nel quadro previsionale sul versante delle nuove entrate, in quanto le proiezioni vengono effettuate appunto a politiche invariate e si dà in sostanza per scontato che, come avvenuto per gli anni passati, anche questa volta le clausole non scatteranno. Ma è altresì vero che l’aumento dell’Iva è già incorporato nei saldi di finanza pubblica, e dunque per neutralizzarlo occorre sostituire quel mancato gettito con altre misure.

Il ricorso al maggior indebitamento, mantenendo fermo il percorso di riduzione del deficit strutturale, ridotto e aggiornato attraverso i nuovi parametri Ue (e a patto che effettivamente il debito cominci a ridursi), è tecnicamente fattibile, anche se poi il via libera dovrà necessariamente ispirarsi a valutazioni tutte politiche. Ridurre il conto della prossima manovra servirebbe peraltro al governo per allentare la tensione politica sull’appuntamento autunnale con i conti pubblici, che quest’anno cade in piena campagna elettorale (se non proprio a ridosso del voto in caso di anticipo della consultazione all’autunno).

Se questa è la road map su cui si sta ragionando a Roma, di certo occorrerà un’altra buona dose di abilità negoziale per portare a casa il risultato. La sponda di Parigi e Berlino sarà decisiva per l’esito finale della partita. Le aperture del commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, sono incoraggianti, ma questa volta il grimaldello tecnico/giuridico sarà quanto mai necessario. Poi partirà la mediazione politica.

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