Adempimenti

Le Camere di commercio potranno aumentare il diritto annuale del 50%

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di Gianni Trovati

Le Camere di commercio potranno aumentare del 50% il diritto chiesto alle imprese del loro territorio per evitare il dissesto finanziario. Dopo quella arrivata mercoledì dalla Corte costituzionale, con la sentenza 261 che ha dichiarato l’illegittimità del «parere» alla base del decreto attuativo, la riforma taglia-costi delle Camere di commercio subisce una nuova bordata da due emendamenti gemelli approvati ieri alla legge di bilancio. Per far risalire il diritto camerale tagliato dalla riforma, gli enti dovranno essere autorizzati dal ministero dello Sviluppo economico, che valuterà gli «squilibri strutturali» del bilancio.

Il rischio dissesto stende un filo rosso con le norme approvate ieri all’interno del ricco capitolo sugli enti locali, che ha occupato quasi tutti i lavori in commissione. Al traguardo è arrivata anche la regola etichettabile come «salva-Napoli», perché finalizzata a evitare il default imminente nel capoluogo partenopeo dopo la bocciatura rimediata in Corte dei conti dal piano di riequilibrio. Ma in realtà il correttivo offre una scialuppa anche ad altre città in difficoltà, da Terni a Foggia, da Caserta a Messina, e interessa tutti i 150 Comuni oggi impegnati nei piani anti-crisi. Si tratta di una riforma complessiva del «pre-dissesto», che allunga da 10 a 20 anni il tempo in cui riportare i conti al sicuro. Il calendario massimo sarà riservato alle amministrazioni più in crisi, quelle in cui le passività superano il totale delle spese correnti impegnate nell’ultimo rendiconto. Quando questo rapporto è fra il 60 e il 100% il percorso si deve chiudere in 15 anni, resta decennale quando l’indicatore viaggia nella forbice 20-60% e scende a quattro anni per gli altri. La novità, però, non “condona” le obiezioni già arrivate dai magistrati contabili. Siccome il dissesto si decreta quando il mancato rispetto degli obiettivi è «grave e reiterato», per Napoli (e gli altri enti nelle sue condizioni) basterà un altro stop a far saltare il banco. Gli enti in pre-dissesto, prevede poi un altro correttivo, potranno rateizzare in 10 anni i propri debiti con Fisco e Inps.

Ma le novità votate in commissione Bilancio alla Camera vanno a tutto campo. Alle Regioni arrivano 375 milioni in più (ma 100 sono solo in termini di saldo netto da finanziare, quindi non possono essere scontati dal pareggio) fra nuovi fondi diretti e stanziamenti per il trasporto degli alunni disabili. Una parte delle coperture arriva dal valore della concessione sull’Autobrennero fissato in 650 milioni, 160 dei quali da pagare nel 2018. Per gli enti locali c’è poi il «sì» all’incentivo alle privatizzazioni, che permette di finanziare le quote capitali dei mutui con le dismissioni (anticipato su «Il Sole 24 Ore» di ieri).

Molti poi gli interventi sul personale. Si riaprono le assunzioni in Province e Città metropolitane: ai nuovi ingressi si potranno dedicare tutti i risparmi da cessazioni negli enti che riservano agli stipendi fino al 20% delle spese correnti, mentre negli altri casi il turn over sarà al 25 per cento. Ricambio pieno anche nei Comuni fra 3 e 5mila abitanti, a patto che il rapporto fra spese di personale e uscite correnti non superi il 24% (fino a 3mila abitanti è già così). Per i piccoli Comuni cresce poi da 15 a 25 milioni, e diventa strutturale, il fondo avviato dalla legge sui borghi.

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