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Le risposte delle Entrate a Speciale Telefisco del 19 settembre / Parte 2

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Pubblichiamo le risposte rese dall’agenzia delle Entrate in occasione di Speciale Telefisco del 19 settembre 2024. Altre due risposte ufficiali sono state anticipate sul Sole 24 Ore in edicola il 19 settembre.

Concordato preventivo: adesione e benefici Iva

Viene previsto che per i periodi d’imposta oggetto di concordato sono riconosciuti, ai contribuenti soggetti agli Isa che aderiscono alla proposta, i benefici stabiliti dall’articolo 9-bis, comma 11, del Dl 50/2017. Sono compresi anche quelli riferiti all’imposta sul valore aggiunto?

RISPOSTA

Il dubbio è superato dalla modifica normativa operata dall’art. 4, comma 1, lettera h), punto 2), del decreto legislativo correttivo n. 108, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 5 agosto 2024, che vi ha ricompreso espressamente anche l’Iva.

Comunicazione dispositivo e iscrizione a ruolo provvisoria

Il riformato articolo 35, comma 1 del decreto legislativo 546/92 prevede che al termine dell’udienza venga data lettura immediata del dispositivo, salva la facoltà di riservarne il deposito in segreteria e la sua contestuale comunicazione ai difensori delle parti costituite entro il termine perentorio dei successivi sette giorni. Ai fini dell’esecuzione della sentenza, gli uffici devono attendere il deposito delle motivazioni o possono già agire in base alla semplice comunicazione del dispositivo?+ 

RISPOSTA

I termini, tanto dell’impugnazione quanto dell’esecuzione della sentenza, decorrono dalla data del deposito della pronuncia, di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

Atti di recupero e conciliazione giudiziale

L’applicazione delle regole del decreto legislativo 546/92 agli atti di recupero dei crediti d’imposta (nuovo articolo 38 bis Dpr 600/1973) comporta l’applicazione della conciliazione giudiziale per tali atti in caso di contenziosi pendenti? In caso affermativo è sufficiente che il contenzioso sia pendente al 30 aprile 2024 o l’atto di recupero deve essere emesso a partire da tale data? 

RISPOSTA

Tenuto conto che l’articolo 38-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600 opera un rinvio al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, deve ritenersi che per gli atti di recupero emanati ai sensi del già menzionato articolo 38-bis, trova applicazione l’istituto della conciliazione di cui all’articolo 48 e seguenti del decreto legislativo n. 546 del 1992. In riferimento alla seconda questione (decorrenza dell’entrata in vigore dell’articolo 38-bis), si fa presente che, in base all’articolo 41, comma 2, del decreto legislativo n. 87 del 2024: «L’articolo 1 – che ha introdotto il medesimo articolo 38-bis – si applica con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024, ...».

Pertanto, considerato il tenore letterale della suddetta disposizione, ai fini dell’applicabilità dell’istituto della conciliazione giudiziale anche ai procedimenti aventi ad oggetto gli atti di recupero dei crediti d’imposta, si ritiene necessaria l’esistenza di un contenzioso avente ad oggetto atti che siano stati emessi a partire dal 30 aprile 2024, non essendo sufficiente la semplice pendenza di un procedimento a tale data.

Ne consegue che, per gli atti emessi precedentemente all’entrata in vigore della nuova disposizione e, dunque, prima del 30 aprile 2024, e per i relativi contenziosi già pendenti, in applicazione del principio tempus regit actum, continuano a trovare applicazione le regole previgenti, ivi compresa l’impossibilità di applicare l’istituto della conciliazione giudiziale e gli altri strumenti di definizione agevolata delle sanzioni per il recupero dei crediti d’imposta.

Infine, per completezza, si rappresenta che, attenendo la norma in questione all’applicabilità di un istituto definitorio e non alla determinazione delle sanzioni irrogate, non trova applicazione il principio del favor rei.

Liquidazione omessi versamenti penalmente rilevanti

La previsione di cui al nuovo comma 2 bis dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 462/1997, in vigore dallo scorso 29 giugno 2024 che, in estrema sintesi, prevede una comunicazione “accelerata” (entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di presentazione della relativa dichiarazione) al sostituto d’imposta e al contribuente in ipotesi di omessi versamenti penalmente rilevanti, verrà applicata dagli uffici già da quest’anno? 

RISPOSTA

Sono state date indicazioni agli uffici dell’Agenzia affinché procedano ad anticipare l’invio delle comunicazioni d’irregolarità relative al periodo d’imposta 2022 contenenti esiti potenzialmente rilevanti dal punto di vista penale, al fine di consentire ai contribuenti/sostituti interessati di iniziare il pagamento rateale delle somme dovute entro la scadenza del 31 dicembre 2024.

 

Superbonus e comunicazione della cessione

Un contribuente ha sostenuto spese agevolabili Superbonus nel 2023 ed entro il 4 aprile scorso non ha inviato alcuna comunicazione di cessione del credito. La prima quota di detrazione della spesa non è stata ancora inserita nella dichiarazione 2023 in quanto la dichiarazione non è stata presentata. Può ancora (e a quali condizioni) cedere le rate residue rispetto alla quota 2023?

RISPOSTA

In via preliminare si osserva che il contribuente, per esercitare l’opzione di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (Decreto Rilancio), deve rientrare in una delle deroghe al generale divieto di esercizio dell’opzione per il c.d. sconto in fattura o per la cessione del credito d’imposta, previste dal decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38 (Decreto Cessioni), e dal decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2024, n. 67 (Decreto Agevolazioni fiscali in edilizia).

Con riferimento al quesito posto, si osserva che il comma 7 dell’articolo 4-bis del Decreto Agevolazioni fiscali in edilizia prevede che, a decorrere dal 29 maggio 2024 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto), non è più consentito l’esercizio dell’opzione della cessione del credito in relazione alle singole rate residue non ancora fruite delle detrazioni derivanti dalle spese per gli interventi di cui al comma 2 dell’articolo 121 del Decreto Rilancio.

In sostanza, i beneficiari delle agevolazioni fiscali derivanti dai c.d. bonus edilizi, dal 29 maggio 2024 non possono più optare per la cessione del credito d’imposta relativo alle rate residue di detrazione non ancora fruite.

Onlus e spese al 110%

Una Onlus con i requisiti di cui al comma 9, lettera d-bis, del Dl n. 34/2020 già costituita alla data del 17 febbraio 2023 e con Cilas presentata a dicembre 2023, può procedere a sostenere spese ammesse al Superbonus e optare per lo sconto in fattura o la cessione del credito anche se non dispone di fatture per spese già sostenute alla data del 29 marzo 2024?

RISPOSTA

L’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2024, n. 67 (c.d. Decreto Agevolazioni fiscali in edilizia), stabilisce la soppressione del primo periodo del comma 3-bis dell’articolo 2 del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38, (c.d. Decreto Cessioni), che prevedeva una deroga di carattere soggettivo al generale divieto di opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito d’imposta per Iacp ed enti aventi le stesse finalità sociali, cooperative edilizie a proprietà indivisa, Onlus, Odv e Aps iscritte nei relativi registri, purché i predetti soggetti fossero costituiti alla data di entrata in vigore del Decreto Cessioni (17 febbraio 2023).

Il comma 2 dell’articolo 1 del Decreto Agevolazioni fiscali in edilizia prevede che i suddetti soggetti possono continuare a esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito per le spese sostenute in relazione agli interventi ammessi al Superbonus per i quali, alla data del 29 marzo 2024:

  • risulti presentata la Cilas, se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
  • risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la Cilas, se gli interventi sono effettuati dai condomini;
  • risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici.

Tanto premesso, con riferimento al quesito formulato, la Onlus con i requisiti di cui al comma 9, lettera d-bis), dell’articolo 119 del Decreto Rilancio, già costituita alla data del 17 febbraio 2023, che abbia presentato la Cilas entro il 29 marzo 2024, può continuare a beneficiare della deroga al divieto di esercizio dell’opzione per la cessione del credito d’imposta e lo sconto in fattura, purché siano rispettati tutti gli adempimenti prescritti dalla normativa di settore.

 

Regime dei minimi e opzione

Dal 1° gennaio 2024, il Dl 146/2021 ha previsto per ODV e APS con ricavi non superiori a 65mila euro di applicare il regime forfettario dei c.d. contribuenti minimi (articolo 1, cc. da 58 a 63, della legge 190/2014). Il tenore della norma non chiarisce se tale regime è obbligatorio oppure opzionabile dagli enti. È possibile ritenere che in mancanza di una precisazione sul punto gli enti potranno scegliere di optare per un regime diverso rispetto a quello introdotto dal Dl 146/21?

COMMENTO. La novità ai fini Iva, introdotta dal Dl 146/2021, per Odv e Aps pone il tema legato alla possibilità di opzionare per un regime diverso da quello dei contribuenti minori (legge 190/2014). Sul punto, l’articolo 5, comma 15 quinquies del Dl 146/2021, nell’estendere a Odv e Aps il regime fiscale riservato ai professionisti – utilizza la dicitura “applicano” facendo presupporre che si tratti di un regime naturale. La norma, infatti, prevede che “in attesa della piena operatività delle disposizioni del titolo X del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117” Odv e Aps che hanno conseguito ricavi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000 applicano, ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto, il regime speciale di cui all’articolo 1, comma 58- 63, legge 190/2014. Ebbene, dalla lettura della norma, sembrerebbe che l’estensione di tale regime ai soli fini Iva muova dal presupposto di concedere in via anticipata ad Odv e Aps un regime di favore simile a quello previsto per tali realtà dall’articolo 86 Cts. Un regime quest’ultimo che è opzionale per Odv e Aps e che induce a ritenere, sulla base di un’interpretazione sistematica dell’articolo 5, comma 15 quinquies del Dl 146/2021, che in linea con l’articolo 86 del Cts, l’adesione al regime di cui alla legge 190/2014 sia un’opzione esercitabile da parte dell’ente dotato della qualifica di Odv e Aps.

RISPOSTA

Il Ministero dell’Economia e delle finanze, in riscontro ad apposita interrogazione parlamentare [risposta scritta pubblicata il 6 dicembre 2023 nell’allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze), n. 5-01705], ha evidenziato come «Il cennato comma 15-quinquies, dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021 prevede altresì che, nelle more della piena operatività delle disposizioni del codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, con volume d’affari non superiore a sessantacinquemila euro, a partire dal 1° gennaio 2024 possono avvalersi del regime di franchigia previsto per i soggetti forfettari dall’articolo 1, commi da 54 a 63, della legge 23 dicembre 2014, n. 190» (enfasi aggiunta, ndr.).

Ne consegue che la scelta di avvalersi del regime di franchigia previsto per i soggetti forfetari non costituisce un obbligo (ossia un regime Iva naturale), bensì una scelta opzionale.

Tale conclusione risulta coerente con la disciplina applicabile - a regime - alle organizzazioni di volontariato ed alle associazioni di promozione sociale, una volta che saranno operative le disposizioni del titolo X del codice del terzo settore, che il richiamato articolo 5, comma 15-quinquies, sembra anticipare in attesa della piena operatività delle stesse.

Infatti, ai sensi dell’articolo 86 del codice del terzo settore – incluso nel suddetto titolo X – le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale «possono applicare, in relazione alle attività commerciali svolte, il regime forfetario (…) Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possono avvalersi del regime forfetario comunicando nella dichiarazione annuale o, nella dichiarazione di inizio di attività».

Isa e agricoltura

La circolare 15/E del 2024 chiarisce il funzionamento della causa di esclusione dall’applicazione degli Isa per gli agriturismi. Il chiarimento nasce dal fatto che l’inizio dell’attività agrituristica è sempre successiva all’inizio dell’attività agricola, in quanto subordinato allo svolgimento in via principale di un’attività agricola e non soggetta all’apertura di un’autonoma partita Iva. Si chiede: il chiarimento può essere esteso ad altre attività agricole connesse subordinate all’esercizio dell’attività agricola principale quale, ad esempio, la produzione di energia o la fornitura di servizi?

RISPOSTA

Nella circolare 25 giugno 2024, n. 15/E (cfr. il paragrafo 6), ai fini della causa di esclusione dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa), di cui all’articolo 9-bis, comma 6, lettera a), del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96), sono stati individuati alcuni casi in cui l’apertura della partita Iva può non coincidere con l’inizio dell’attività.

Tali fattispecie sono, in particolare, riconducibili all’esercizio delle attività agrituristiche, per le quali, infatti, l’inizio dell’esercizio dell’attività è sempre successivo a quello dell’attività agricola, e ciò in quanto l’esercizio dell’attività agrituristica è subordinato allo svolgimento, in via principale, di un’attività agricola e non richiede, pertanto, l’apertura di un’autonoma partita Iva.

Si ritiene, pertanto, che, qualora si verifichi un caso assimilabile a quello innanzi descritto, il chiarimento fornito con la citata circolare possa essere suscettibile di estensione.

 

Forfettari e quadro RS

I contribuenti che applicano il regime forfettario devono compilare il prospetto del quadro RS con le informazioni relative all’attività svolta. Si chiede:

- in che misura vanno indicate le spese sostenute con riferimento a beni utilizzati promiscuamente?

- le spese sostenute (ad esempio consumi di energia) vanno indicate al netto o al lordo dell’Iva?

- vanno indicate anche le spese non documentate da fattura?

RISPOSTA

Con la circolare 4 aprile 2016, n. 4/E (cfr. il paragrafo 4.2.3), è stato chiarito che i contribuenti che applicano il regime forfettario sono tenuti ad indicare, nel prospetto denominato “Regime forfetario per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni - Obblighi informativi”, contenuto nel quadro RS del modello dichiarativo, i costi e le spese afferenti a beni o servizi utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o professione e per l’uso personale o familiare del contribuente, nella misura del 50 per cento.

Il costo per l’acquisto di beni e servizi deve essere indicato al lordo dell’Iva addebitata sulle fatture di acquisto, tenuto conto che, nell’ambito del regime forfettario, non opera il meccanismo di rivalsa-detrazione e che le predette voci di costo non sono rappresentate solo dalla quota direttamente afferente ai beni o servizi, ma comprendono anche l’IVA assolta che rimane a carico del contribuente.

In definitiva, alla luce delle indicazioni rese dall’Agenzia delle Entrate secondo cui: “le informazioni relative ai costi richieste agli esercenti attività di impresa dovranno essere dichiarate solo laddove i contribuenti abbiano ricevuto la relativa documentazione fiscale nel periodo di imposta e nella misura in essa indicata” (cfr. la già richiamata circolare n. 10/E del 2016, paragrafo 4.2.3, indicazioni confermate anche con la successiva circolare 30 maggio 2016, n. 24/E, paragrafo 10) ne deriva che gli aderenti al regime di cui alla legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 54 e seguenti, sono tenuti alla dichiarazione delle sole spese documentate da fattura.

Flat tax incrementale e attività cessata

Un soggetto che ha tutti i requisiti per fruire della “flat tax incrementale” di cui all’art. 1, commi da 55 a 57, della Legge di bilancio 2023 (Legge n. 197/2022), può concretamente applicare l’agevolazione anche se ha cessato l’attività con chiusura della partita Iva nello stesso anno 2023?

RISPOSTA

Si ritiene che un soggetto che possieda tutti i requisiti per fruire della “flat tax incrementale” di cui all’articolo 1, commi da 55 a 57, della legge n. 197 del 2022, potrà fruire, per l’anno 2023, della flat tax in parola, anche se ha cessato l’attività (con chiusura della partita Iva) nello stesso anno 2023.

In tale ipotesi (cessazione attività nel corso dell’anno 2023), ai fini del calcolo della quota di reddito da assoggettare alla “flat tax incrementale”, si ritiene che – per ragioni di coerenza – il raffronto tra il reddito prodotto nel 2023 e il maggior reddito del triennio precedente debba essere fatto:

  • ragguagliando alla frazione di anno (corrispondente al periodo di svolgimento dell’attività nel 2023) il maggior reddito prodotto nell’ambito del triennio di osservazione;
  • confrontando tale dato con il reddito prodotto nel 2023.

Ad esempio, qualora il contribuente abbia cessato la propria attività il 30 giugno 2023 (svolgendola, pertanto, per un periodo complessivo di 181 giorni nell’anno), il calcolo per l’individuazione della quota di reddito da assoggettare alla “flat tax incrementale” deve avvenire nel seguente modo:

A) reddito del 2023 (1.1-30.6.2023): 60.000 euro;

B) reddito più elevato del triennio precedente (100.000 euro) da ragguagliare alla frazione d’anno (corrispondente a 181 giorni): 49.589 euro;

C) franchigia calcolata sul reddito ragguagliato alla frazione d’anno del 2021: 2.479 euro (5 per cento di 49.589 euro);

D) quota di reddito da assoggettare a “flat tax incrementale” A-(B+C): 7.932 euro [60.000 euro – (49.589 euro + 2.479 euro)].

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