Leasing, per l’Iva detraibile rilevano i soli interessi attivi
Quando una società svolge attività di leasing e, al tempo stesso, di finanziamento, come si determina la quota dell’Iva detraibile sui costi promiscui? Si tratta, in particolare, dei costi di beni e servizi non direttamente imputabili all’una o all’altra delle attività che il soggetto ha separato in base all’articolo 36, Dpr 633/72. La risposta arriva dalla sentenza 9113/3/2016 della Ctp Milano (presidente Fugacci, relatore Chiametti), secondo cui bisogna tenere conto degli interessi attivi contabilizzati in relazione alle singole attività, estrapolando la “quota interessi” dal volume d’affari imponibile delle operazioni di leasing. La pronuncia, inoltre, tratta anche dell’omessa contabilizzazione di componenti positivi di reddito riferiti a penali contrattuali che la contribuente considerava come addebitabili (solo) facoltativamente.
Tornando all’Iva, il criterio adottato dalla società per la detrazione del tributo sui costi promiscui si basava sul confronto fra i volumi d’affari delle due attività, dando integrale rilievo all’importo dei canoni di locazione finanziaria fatturati in regime d’imponibilità, comprendendo nel calcolo sia il capitale, sia gli interessi e gli oneri accessori. In tal modo, la percentuale derivante dal confronto dei volumi d’affari era influenzata positivamente, consentendo una maggior detrazione.
Secondo le Entrate (e i giudici), tuttavia, tale metodo dovrebbe considerarsi residuale, non essendo idoneo a esprimere oggettivamente la quota di utilizzo dei beni/servizi nell’esercizio delle attività. Assai più preciso sarebbe il criterio dell’interesse attivo contabilizzato, il quale è esplicito e viene fatturato in esenzione da Iva per le operazioni di finanziamento, mentre è “implicito”, in quanto compreso nel canone periodico fatturato interamente come imponibile, nel caso del leasing.
In pratica, ad avviso della Ctp, occorre partire dalla natura finanziaria dell’operazione di leasing e, in quest’ottica, ai fini della costruzione del rapporto percentuale di detrazione per i costi promiscui, considerare solo la quota interessi “in luogo dell’intero canone di locazione”. Ciò avrebbe l’effetto di migliorare la precisione della detrazione, agganciandola all’effettiva remunerazione dei costi connessi all’attività di leasing, rappresentata dall’interesse incluso nel canone addebitato.
In questa prospettiva, i giudici condividono la posizione della Corte di giustizia Ue di cui alle sentenze nelle cause C-511/10 e C-183/13, sottolineando che l’utilizzo di un criterio diverso da quello del confronto dei fatturati è conforme alla disciplina europea dell’imposta se può condurre a una detrazione più esatta. La portata della pronuncia, tuttavia, dovrebbe ritenersi confinata al solo caso in cui le attività sono gestite separatamente. Si ritiene valgano, invece, le ordinarie regole di determinazione della percentuale di detrazione quando il soggetto agisce in regime di pro-rata in base all’articolo 19, comma 5 del decreto Iva, la cui compatibilità comunitaria è stata recentemente affermata dai giudici europei (causa C- 378/15).