Imposte

Locazioni, niente registro sulla clausola che stabilisce gli interessi per la consegna tardiva

La sentenza 469/6/2023 della Cgt Lombardia boccia l’avviso che chiedeva i 200 euro di imposta fissa e nega la natura di «penale» della pattuizione contrattuale

di Cristiano Dell'Oste

Dalla Corte di giustizia tributaria della Lombardia arriva un’altra bocciatura per la tassazione con imposta di registro fissa delle clausole inserite nei contratti di locazione. Con la sentenza 469/2023 (presidente e relatore Catania), depositata dalla sesta sezione lo scorso 6 febbraio, i giudici lombardi hanno confermato l’annullamento dell’avviso di liquidazione con cui il Fisco contestava il mancato pagamento dell’imposta di 200 euro (oltre a sanzioni e interessi) al momento della registrazione del contratto. Nel caso specifico il contribuente è stato assistito dai legali della sede locale della Confedilizia di Varese.

La contestazione

Non è la prima volta che i funzionari dell’Agenzia – specialmente in Lombardia – muovono contestazioni di questo tipo (si vedano gli articoli «Sulla clausola penale nel contratto d'affitto non si paga il registro» e «Locazioni, alt al registro di 200 euro sulla clausola penale»).

Nel mirino delle Entrate stavolta è finita la clausola con cui le parti stabiliscono che, in caso di ritardata restituzione degli immobili e/o inadempimento, il conduttore deve versare una certa somma a titolo di penale. Secondo il Fisco, si tratterebbe di una «disposizione autonoma» che va tassata separatamente rispetto al contratto principale; l’articolo 21 del Testo unico del registro (Dpr 131/1986) prevede infatti che «se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto».

È una tesi – quella sostenuta dal Fisco – che già la Commissione tributaria provinciale di Varese ha bocciato in primo grado e che ora la Corte regionale taccia di «assoluta inconsistenza». Tant’è vero che l’ufficio viene condannato al rimborso delle spese del giudizio (250 euro oltre gli oneri accessori).

Interessi e clausola penale

Le argomentazioni dei giudici di secondo grado aiutano a far chiarezza in un ambito spesso oggetto di equivoci. Secondo i magistrati lombardi, in questo caso, non si può neppure parlare di una clausola penale, dal momento che la pattuizione contestata dal Fisco non aggiunge nulla a quanto già disposto dalla legge: il Codice civile, infatti, già di per sé prevede l’automatica maturazione degli interessi di mora in caso di mancato o ritardato pagamento di un debito pecuniario.

La clausola, insomma, serve solo a regolare il saggio degli interessi in termini risarcitori, possibilità che lo stesso Codice ammette e anzi considera come preferenziale (l’articolo 1284, parlando del saggio degli interessi legali, dice: «Se le parti non ne hanno determinato la misura...» con ciò lasciando intendere che se le parti regolano il tasso la soluzione è senz’altro migliore). Nel caso specifico, poi, la pattuizione inserita nel contratto è addirittura di maggior favore per l’inquilino rispetto al tasso legale.

Comunque, se anche quella contestata dal Fisco fosse una clausola penale in senso tecnico, secondo i giudici non sarebbe una «disposizione» tassabile in modo autonomo con l’imposta di registro. Tale «disposizione», infatti, dev’essere intesa come un negozio giuridico che sia in grado di sopravvivere anche senza il contratto principale (cosa che ovviamente non si verifica con una clausola come quella in esame).

I giudici lombardi ricordano anche la sentenza 158/2020 della Corte Costituzionale, che ricorda come l’imposta di registro abbia perso nel tempo la funzione di “corrispettivo per il servizio di registrazione”, andando ad assumere i connotati di un’imposta che tassa la capacità contributiva che emerge dall’atto sottoposto a registrazione.

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