Finanza

Magazzini automatici, deduzione accelerata dell’ammortamento

La circolare 30/2020 di Assonime critica le diverse indicazioni dell’agenzia delle Entrate sul tema

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di Luca Gaiani

Per le scaffalature dei magazzini automatici vale il coefficiente di ammortamento degli impianti e non quello degli immobili. Lo sostiene correttamente Assonime, criticando le diverse indicazioni fornite dalle Entrate con la risposta 408/2019 (si veda l’articolo su NT+ Fisco).

La mancanza di autonomia funzionale delle “gabbie” metalliche dovrebbe portare alla conferma delle precedenti istruzioni ministeriali che ammettevano la deduzione accelerata. Le molte imprese interessate al problema, che oltre l’iperammortamento riguarda la deduzione delle quote ordinarie, auspicano una tempestiva modifica dell’interpretazione delle Entrate.

L’ingarbugliata vicenda dei magazzini automatici autoportanti viene alla ribalta, come ricorda Assonime nella circolare 30/2020, con l’introduzione dell’agevolazione Industria 4.0, che non spetta agli immobili e ai beni con aliquota inferiore al 6,5%. I magazzini autoportanti sono impianti di movimentazione automatica (essendo interconnessi al sistema aziendale, sono in grado di gestire in modo robotizzato il versato a magazzino e le successive spedizioni secondo gli ordini dei clienti) la cui struttura (scaffalatura), a cui si collegano i traslo-elevatori e i carrelli che spostano i prodotti, è infissa al suolo, sicché viene accatastata come immobile.

La risoluzione 62/E/2018, facendo prevalere aspetti catastali, negò che le scaffalature potessero usufruire dell’iperammortamento in quanto immobili. Intervenne allora il legislatore con una interpretazione autentica (Dl 135/2018) per chiarire che il costo agevolato dei magazzini automatici era comprensivo di quello della scaffalatura, ferma restando la rilevanza per la rendita catastale.

In buona sostanza, il legislatore affermò che le gabbie metalliche dei magazzini restano immobili per il catasto, ma sono impianti a tutti gli effetti per la determinazione dell’iper e dunque, aggiungiamo, anche dell’ordinario processo di ammortamento, visto che la deduzione maggiorata si spalma come le quote ordinarie e non spetta per i beni ammortizzati al di sotto del 6,5%.

Senonché, l’agenzia delle Entrate, con la risposta 408/2019, affermò che la natura ibrida di queste strutture metalliche comporta che le quote di iperammortamento vanno suddivise con il coefficiente tabellare degli immobili, con ciò spiazzando le imprese che, da sempre, ammortizzano questi cespiti con coefficienti dal 12,5% al 17,5% in base alla risoluzione 1285 del 1985.

Assonime sottolinea che questa tesi, che ribalta la ricordata interpretazione ministeriale che aveva sancito la correttezza delle aliquote degli impianti, solleva notevoli perplessità sotto diversi profili. In primo luogo, l’interpretazione non si concilia con la iper-deduzione industria 4.0, negata per i coefficienti inferiori al 6,5%; lo stesso legislatore, nell’affermare la spettanza dell’iper (rettificando la risoluzione 62/E/2018), indica che la fruizione non che può avvenire con le regole di tale agevolazione. Essa non considera inoltre che la gabbia non ha autonomia funzionale nell’ambito del magazzino, non potendo che essere spesata con il coefficiente dell’intero impianto (come correttamente diceva la risoluzione 1285).

In attesa che si ponga rimedio a questo guazzabuglio, le imprese sono al buio sul comportamento da adottare. Anche riprendere a tassazione le maggiori quote stanziate nel bilancio 2019 (e dedurre l’iper con il coefficiente del 3%) non pare infatti una soluzione priva di rischi: ne potrebbe infatti derivare la futura irrecuperabilità per difetto di competenza (salva una integrativa a favore), se l’Agenzia cambiasse orientamento. Una cosa andrebbe detta: il Fisco, che si fa inseguire dal legislatore per modificare le proprie interpretazioni, dovrebbe escludere l’irrogazione di sanzioni per chi ha adottato comportamenti difformi.

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