Imposte

Marchi d’impresa orfani di un sistema agevolativo

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di Luca Gaiani

Per i marchi di impresa, è necessario introdurre un nuovo meccanismo agevolativo dopo l’uscita dal patent box. Lo afferma Assonime nella circolare 18/2017, che esamina le novità del Dl 50/2017.

L’assoluta peculiarità dei marchi italiani rende opportuno ricercare nuove strade di incentivazione che siano compatibili con le indicazioni fornite dall’Ocse per non penalizzare oltre misura settori trainanti della nostra economia, come il fashion e il design.

Assonime ricorda che l’articolo 56 del Dl 50/2017 ha tra l’altro cancellato i marchi dalla lista di intangibles agevolabili attraverso il regime del cosiddetto patent box. Regime che, come noto, consiste in una detassazione parziale (50% dal 2017) valida ai fini Ires e Irap della quota parte di reddito ascrivibile all’utilizzo dei beni immateriali. La novità è finalizzata ad allineare la disciplina italiana alle indicazioni Ocse.

Secondo il documento Action 5, infatti, possono essere agevolati esclusivamente i brevetti e gli altri intangibili ad essi “funzionalmente equivalenti”. Il criterio del nexus approach (collegamento tra beni agevolabili e attività di ricerca e sviluppo) elaborato dall'Ocse attribuisce infatti rilevanza delle sole attività di ricerca e sviluppo dei settori “tecnologici”: in sostanza, precisa Assonime, solo per quei beni immateriali che sono configurabili come “invenzioni”.

Sotto questo profilo, peraltro, non pare del tutto allineata alle regole Ocse la mancata eliminazione dal regime del know how, dato che in base ai punti 34 e seguenti dell’Action 5, sono agevolabili oltre ai brevetti e al software tutelato, solo quegli intangibili che condividono le caratteristiche fondamentali dei primi due e limitatamente ad imprese con volumi di fatturato non superiori a certi tetti.

L’eliminazione dei marchi d'impresa riduce di molto, sottolinea la circolare Assonime, l'attrattività del patent box e finirà per impattare negativamente su settori “strategici” per il nostro Paese e, cioè, ad esempio, la moda, il design e l'entertainment. È dunque auspicabile, indicazione sulla quale non si può che convenire, che la questione venga riconsiderata, eventualmente per realizzare a livello legislativo una diversa forma di incentivo fiscale dedicata ai marchi di impresa, per sostenere e rilanciare il made in Italy all’estero. Il patent box per i marchi è sicuramente poco coerente con la configurazione del nexus approach Ocse in quanto per tali intangibili è difficile separare concettualmente le attività di promozione, comunicazione e presentazione da altre attività puramente commerciali e di business, sicché si rischia di arrivare a detassare indistintamente buona parte del reddito prodotto.

Ciononostante, l’Italia ben potrebbe adottare regimi fiscali di favore per i redditi derivanti dall'utilizzo dei marchi di impresa purché fondati su criteri di quantificazione diversi da quelli degli altri intangibles.

L’eliminazione dei marchi ha effetto dalle opzioni esercitate, per imprese con esercizio “solare”, successivamente al 31 dicembre 2016. Per le società con esercizio sfalsato, invece, l'uscita dei marchi parte dal terzo esercizio successivo a quello in corso al a fine dicembre 2014, con opzioni esercitate dopo dicembre 2016. La legge prevede però che l'incentivo continua ad applicarsi, non oltre il 30 giugno 2021, per le opzioni relative ai due esercizi successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014. Una società con periodo che chiude al 30 giugno, infine, dovrebbe poter ancora esercitare l’opzione nell'esercizio al 30 giugno 2017 (e dunque fino all'esercizio al 30 giugno 2021) che è il secondo (e non terzo) successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 (30 giugno 2015).

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