Adempimenti

Niente pagamento ridotto nel contenzioso sull’Ici

immagine non disponibile

di Antonio Iorio

In caso di contenzioso tributario relativo all’Ici non valgono le regole sulla riscossione frazionata del tributo in pendenza di giudizio, con la conseguenza che se il contribuente decide di impugnare l’atto deve pagare l’intera somma pretesa e non un terzo. A fornire questo interessante principio è la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 5318 depositata ieri che trova applicazione anche per l’Imu.

La vicenda riguarda l’impugnazione di una cartella di pagamento relativa a Ici in pendenza di giudizio degli avvisi di accertamento presupposti emessi dall’ente comunale. Secondo il contribuente l’ente locale non poteva iscrivere, in pendenza di giudizio, le somme richieste per intero. Sia la Ctp, sia i giudici di appello ritenevano illegittima la pretesa del comune che ricorreva per cassazione.

La Suprema Corte, sia pure per ragioni differenti da quelle prospettate dal contribuente, ha accolto il ricorso dell’ente. Secondo i giudici di legittimità, infatti, nel contenzioso tributario la disposizione riguardante il pagamento dei tributi in pendenza del processo (riscossione provvisoria frazionata) facendo riferimento espressamente ai soli casi in cui è prevista tale modalità di riscossione, non si applica alle imposte come l’Ici per le quali non è prevista detta possibilità.

Ne consegue che se l’avviso di accertamento viene impugnato, l’Ici e gli altri tributi locali si riscuotono per l’intero non applicandosi, a differenza dei tributi erariali, la riscossione frazionata in pendenza di giudizio. Il contribuente è così tenuto a pagare per intero le somme accertate entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo a meno che non ottenga la sospensione dell’esecutività dell’atto medesimo dalla commissione tributaria adita. In difetto di tale versamento il comune o il concessionario possono riscuotere coattivamente le somme accertate.

Si ricorda che per quanto riguarda le sanzioni, anche in tema di Ici/Imu, trova invece applicazione l’articolo 19 del Dlgs 472/97 in base al quale in caso di ricorso alle commissioni tributarie, anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata, si applicano le disposizioni dell’articolo 68 del Dlgs 546/92. Ne consegue che:

in pendenza del ricorso di primo grado non ci sono sanzioni da versare,

in caso di soccombenza nella sentenza della Ctp si pagano i due terzi delle sanzioni ovvero la diversa misura stabilita dal giudice, se inferiore ai due terzi;

in caso di soccombenza in sede di appello tutte le sanzioni.

Per completezza, va detto che per gli accertamenti per imposte dirette, Irap e Iva è previsto l’obbligo di versare: a) un terzo delle sole imposte pretese, oltre interessi, in pendenza del primo grado di giudizio; b) i due terzi, dopo la sentenza della Ctp che respinge il ricorso, ovvero l’ammontare che risulta dalla sentenza, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso; c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della CTR. Infine, il Dlgs 156/2015 (in vigore dal 2016) prevede che, dopo sentenza di Cassazione con rinvio, è dovuta l’imposta esigibile in pendenza del giudizio di primo grado, che nel caso di Ici/Imu equivale all’intera imposta pretesa.

Cassazione, ordinanza 5318/2019

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©