No alla confisca sulle chance di profitto
La nozione di profitto non può essere estesa sino a comprendere semplici aspettative di fatto. Lo mette in evidenza la Corte di cassazione con la sentenza n. 1754 della sesta sezione penale depositata ieri. La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza del Gup di Milano con la quale era stata disposta la misura patrimoniale nei confronti di un’impresa accusata di corruzione internazionale per avere, secondo il quadro accusatorio, corrisposto tangenti ai rappresentanti del ministero dell’Energia dell’Algeria. Il Gup aveva ritenuto che il profitto del reato sarebbe costituito dalla possibilità per l’impresa di continuare a operare nel mercato algerino «vincendo gare di appalto» e quindi coinciderebbe con il totale delle dazioni illecite, frutto dell’accordo di corruzione, identificato in 2,1 milioni di euro.
La Cassazione, dopo aver ricostruito, anche alla luce dei suoi più recenti precedenti, i diversi concetti di profitto del reato che si sono succeduti nel corso del tempo - sino all’ultima pronuncia delle Sezioni unite, nel 2014 (sentenza n. 38343) sul caso ThyssenKrupp che ha portato a considerare legittima la confisca su ogni utilità anche indiretta o mediata ottenuta dall’autore del reato - contesta la lettura del Gup milanese.
Osserva infatti la Corte che «non costituisce profitto del reato un qualsivoglia vantaggio che, pur derivante dal reato, tuttavia sia futuro, sperato, eventuale, solo possibile, immateriale o non ancora materializzato in termini strettamente economico-patrimoniali». E allora, prosegue la sentenza, il profitto non coincide con una semplice aspettativa di fatto, con una pura “chance”, a meno che questa non abbia aspetti particolari di concretezza tali da attribuirle una precisa rilevanza patrimoniale in rapporto alla sua proiezione nella sfera patrimoniale del soggetto interessato dalla misura.
Nel caso esaminato, però, si è fatto coincidere il profitto del reato non con il vantaggio che sarebbe derivato dalle possibili gare di appalto aggiudicate all’impresa per effetto della corruzione, ma con la semplice possibilità di partecipare in futuro a gare di appalto. «Tale possibilità tuttavia, non costituisce un vantaggio concreto valutabile in relazione alla sfera patrimoniale del soggetto, né si è affermato che la mera possibilità di partecipare ad una gara ovvero di essere ammessi alla fase di contrattazione, realizzi nella vicenda in esame una “chance” autonomamente qualificabile in termini di entità patrimoniale autonoma e, quindi, di profitto».
Pertanto, visto che non poteva essere tecnicamente individuato un profitto del reato, con un cambiamento positivo della situazione patrimoniale, nemmeno poteva essere disposta la confisca per equivalente sui beni dell’impresa.
Cassazione , sentenza 1754/2018