No alla retroattività: cambia l’equilibrio dei vecchi contratti
Continuano le prese di posizione che censurano diversi aspetti della norma sugli appalti e le sue interpretazioni
La circolare 1/E della scorsa settimana non ha placato i dubbi degli operatori di mercato. Anzi, continuano ad arrivare prese di posizione pubbliche che censurano diversi aspetti della norma e le interpretazioni, troppo spesso estensive, delle Entrate.
La posizione di Anie
Maria Antonietta Portaluri, direttore generale di Anie, la federazione delle imprese elettrotecniche ed elettroniche, torna sul tema della retroattività, sulla quale non bastano le risposte date finora dall’Agenzia. Non è condivisibile l’interpretazione in base alla quale «la previsione normativa trova applicazione anche con riguardo ai contratti di appalto stipulati in un momento antecedente al 1° gennaio 2020».
Il precedente
Il primo motivo è che nella circolare 40/E del 2012 la stessa Agenzia, sulla responsabilità solidale in materia di appalti, aveva stabilito che le nuove disposizioni avrebbero dovuto «trovare applicazione solo per i contratti di appalto/subappalto stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della norma».
La questione di merito
Ma c’è anche un problema di merito. «La disposizione - spiega Portaluri -, intervenendo su un elemento fondamentale delle prestazioni contrattuali, potrebbe alterare il rapporto sinallagmatico relativo ai contratti già stipulati». La norma, infatti, «attribuisce ad una delle parti (committente) il diritto potestativo di sospendere la propria prestazione (il pagamento) in attesa che l’altra parte (appaltatore) produca una documentazione». Tradotto: il nuovo pacchetto di obblighi è così incisivo da spostare gli equilibri del contratto.
L’impatto
Quindi, per Anie è «pacifico» che la norma sarà applicata solo ai contratti stipulati dopo il primo gennaio. Detto questo, resta la necessità di abrogare la norma o, quantomeno, di prorogare la sua entrata in vigore. Serve tempo per «l’adeguamento dei processi gestionali ed amministrativi delle imprese». Non basta - conclude Portaluri - la soluzione «di introdurre una moratoria per le sanzioni fino al 30 aprile 2020».
La lettera dei commercialisti
Un altro affondo arriva dall’ordine dei commercialisti di Roma che, con una nota inviata al Garante della privacy e firmata dal presidente Mario Civetta, ha sollevato ieri in maniera formale una questione già agitata più volte nei giorni scorsi: la compatibilità delle regole in materia di ritenute con il regolamento Ue sulla protezione dei dati personali, il Gdpr. L’obbligo di trasmettere al committente «l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente» sarebbe contrario «al principio generale di minimizzazione del trattamento dei dati personali», previsto dall’articolo 5 del Gdpr. Basterebbe, su questo, il solo dettaglio delle ritenute fiscali.
Le questioni nel merito
Allo stesso modo, i lavoratori andrebbero identificati attraverso pseudonimi, nel rispetto dei principi dell’articolo 32 del Gdpr, senza arrivare all’utilizzo del codice fiscale. In questa maniera, si eviterebbe il trasferimento di dati non necessari. Un problema, quello della compatibilità con il Gdpr, reso ancora più evidente dalla circolare, nella quale l’Agenzia richiede la trasmissione di diverse informazioni relative alla posizione del lavoratore. Per questi motivi, l’ordine auspica un prossimo intervento dell’Autorità.