Imposte

Occorre considerare l’effettiva economicità della prestazione

Il differimento al 2023 consentirebbeil raccordo con il Codice del Terzosettore

di Gabriele Sepio.

L’intervento normativo che attrae in campo Iva i corrispettivi specifici ricevuti dagli enti associativi e derivanti da prestazioni di servizi rese verso soci, associati, partecipanti e tesserati non rappresenta una novità.

Gia lo scorso anno in occasione della legge di bilancio ci fu il primo tentativo, non andato a buon fine, di fornire una prima risposta alla procedura di infrazione avviata dall’Unione europea (n. 2008/2010) con riferimento all’articolo 4, commi 4 e 8, del Dpr 633/72.

Il regime incriminato è proprio quello che riguarda l’esclusione dal tributo delle prestazioni rese dagli enti associativi dietro corrispettivo (articolo 132 della direttiva Iva) e che costituirebbero una violazione delle regole della concorrenza e del mercato.

La formulazione della norma così come proposta impone però alcune riflessioni a partire dai tempi di operatività della modifica.

Se dovesse scattare dal 1°gennaio gli enti interessati dovrebbero affrettarsi ad aprire una partita Iva.

Una tempistica cosi stringente potrebbe essere evitata prevedendo un ragionevole periodo transitorio, differendo, ad esempio, l’entrata in vigore del nuovo regime al 1° gennaio 2023.

La data troverebbe una propria ratio nel fatto che per quella data molto verosimilmente potrebbe arrivare il vaglio Ue sulle misure fiscali previste dalla riforma del terzo settore con possibile ampliamento del plafond di esclusione Iva fino a 130mila euro.

Altro aspetto da valutare riguarda la tecnica legislativa adottata. È stata trasferita con poche modifiche la formula letterale contenuta all’articolo 4 del Dpr 633 (operazioni escluse) nell’articolo 10 (esenti), attraendo in campo Iva anche contributi che effettivamente non sembrano essere connessi a specifiche operazioni (per esempio, enti bilaterali, casse aventi finalità assistenziali, società di mutuo soccorso).

A questo si aggiunga l’opportunità di attrarre in campo Iva le sole prestazioni di carattere economico non essendo sufficiente a tal fine la mera presenza di un “corrispettivo” da parte dell’associato (Corte di giustizia causa C-520/14). Occorrerebbe verificare, dunque, anche l’obiettiva economicità dell’attività intesa come effettiva idoneità a rimborsare, mediante i corrispettivi, i fattori della produzione impiegati. In sostanza, seguendo lo schema adottato dalle regole fiscali del terzo settore, se le entrate dell’ente per lo svolgimento delle attività istituzionali siano o meno in grado di coprire i costi producendo un utile.

Insomma, potrebbero esserci margini per una rivisitazione della norma e il differimento della sua operatività potrebbe agevolare un dibattito costruttivo.

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