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Organizzazione mondiale delle dogane, la Ue apre la strada alla riforma

L’intento è rendere più efficaci ed efficienti gli interventi dell’Omd, mai modernizzato dalla fondazione nel 1952

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di Adriano Maffeo

Con il documento intitolato «Verso la modernizzazione dell’Omd: riformare l’Organizzazione mondiale delle dogane», l’Ue ha presentato un’ambiziosa iniziativa di riorganizzazione dell’organismo di riferimento in materia doganale che, dalla sua fondazione nel 1952 ad oggi, nonostante la profonda evoluzione registrata dal commercio internazionale, non è mai stato oggetto di interventi strutturali.

Le ragioni alla base della proposta affondano le radici in tre rilievi fondamentali:
● la necessità di garantire la capacità dell’Omd di rispondere in modo efficace alle sfide sistemiche e strategiche che attendono il mondo doganale, quali il commercio elettronico, l’aumento dei traffici illeciti e la promozione dello sviluppo sostenibile;
● semplificare il processo decisionale per le tematiche di “core business”;
● neutralizzare alcune criticità emerse dal lavoro del comitato di audit, quali il rischio di perdita di influenza, la politicizzazione dell’organizzazione, lo scarso coinvolgimento dei membri e degli organismi interni.

Le tre fasi della riforma
Con l’intento, quindi, di fare dell’Omd un attore autorevole nella gestione delle politiche doganali globali e renderne più efficaci ed efficienti gli interventi, l’Ue ha proposto un approccio in tre fasi consecutive.

1. La prima consiste in una più attenta e razionale individuazione delle priorità associando al core business – rappresentato in particolare dall’assistenza tecnica in materia di classificazione delle merci, valutazione e applicazione delle regole di origine e supporto nella valutazione della conformità delle norme nazionali – interventi mirati in settori ritenuti particolarmente sensibili.

Tra questi vengono in rilievo, da un lato, l’implementazione della digitalizzazione dei processi doganali e l’uso di nuove tecnologie come la blockchain, nonché – nell’ottica di un miglioramento dell’efficacia dei controlli – l’incentivazione dello scambio di informazioni tra paesi importatori ed esportatori. Dall’altro, la riorganizzazione delle attività in modo da renderle maggiormente compatibili con le esigenze di tutela ambientale, sviluppando prassi idonee a ridurre le code di autocarri alle frontiere (e con esse le emissioni di CO2), combattere la criminalità ambientale e il contrabbando di merci pericolose per l’ambiente. A queste priorità si unisce, infine, il rafforzamento di un modello di governance tra le diverse agenzie pubbliche che intervengono alle frontiere, basato sullo schema dello sportello unico in modo da semplificare le pratiche doganali e migliorare la gestione dei rischi da parte delle autorità.

2. Definite le priorità, la seconda fase dovrebbe consistere in una revisione sia dei processi decisionali, rendendoli maggiormente improntati a valori quali l’obiettività, la trasparenza, la rendicontabilità, nonché la neutralità di genere, sia delle modalità di assegnazione delle risorse finanziarie e umane che dovrebbe non più fondarsi su un’attribuzione automatica a breve termine (annuale) ma prevedere una valutazione a più lungo termine e una visione strategica.

3. La sostenibilità di questa riforma complessiva dovrebbe, infine, passare per una terza ed ultima fase che consiste nella revisione dei mezzi di finanziamento dell’Omd, così da renderne sostenibili le attività a medio e lungo termine.

Per quanto il percorso per una completa modernizzazione sia ancora lungo, è stata comunque posata la prima pietra di una costruzione che si mostra tutt’altro che semplice.