Imposte

Partecipazioni, minusvalenze con deducibilità limitata

Il principio di diritto 10 va letto alla luce della risoluzione 38/2012. Gli effetti della conferitaria che acquista il controllo della conferita

di Marco Piazza e Roberta Sironi

Il principio di diritto n. 10 del 2020 - in controtendenza con l’orientamento che ha rappresentato, per anni, un punto di riferimento per i contribuenti - pare affermare che, in caso di conferimento di partecipazioni mediante il quale la società conferitaria acquisti o integri una partecipazione di controllo nella società conferita, il regime del “realizzo controllato” di cui all’articolo 177, comma 2 non operi in presenza di minusvalenze.

Pertanto:
- ove la differenza l’incremento di patrimonio netto della conferitaria (aumento di capitale e sovrapprezzo) e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita sia positiva, il reddito imponibile per il conferente corrisponderà a tale differenza;
- ove, invece sia negativa, il reddito imponibile sarà la differenza fra il valore normale della partecipazione conferita - determinato in base all’articolo 9, comma 4 del Testo unico - e il suo costo fiscale.

Ad esempio: valore normale della partecipazione conferita: 200; corrispondente frazione dell’aumento di patrimonio netto della conferitaria: 120;
1) costo della partecipazione per il conferente A: 100. Plusvalenza in “realizzo controllato”: 120 – 100 = 20;
2) costo della partecipazione per il conferente B: 130. In questo caso, non solo non sarebbe deducibile la minusvalenza in realizzo controllato di 10, ma emergerebbe una plusvalenza imponibile di 200-130=70.

Questa interpretazione produrrebbe un effetto molto strano perché B, pur avendo un costo fiscale maggiore di A (130 anziché 100) , conseguirebbe una plusvalenza maggiore (70 anziché 10). E ciò senza che peraltro alla conferitaria sia consentito di iscrivere il maggior costo di 200 e senza che, oltre a tutto, B abbia la possibilità di interferire sul valore di conferimento deciso dalla conferitaria.

Il fondamento dell’interpretazione sarebbe che la relazione illustrativa all’articolo 5 del Dlgs 358/97 (che, si rammenta, è stato trasfuso nell’attuale articolo 177, comma 2, del Tuir con una formulazione identica, fatto salvo per la platea dei soggetti interessati dal regime agevolativo che, in principio, era riservato ai soli soggetti imprenditori) farebbe espresso riferimento alla “determinazione della plusvalenza” (e non anche della minusvalenza).
Non pare, però, che siano stati presi in considerazione alcuni elementi rilevanti.

In primo luogo, sia l’articolo 5 del Dlgs 358/97 sia l’attuale articolo 177, comma 2, sanciscono letteralmente l’applicabilità del criterio di valutazione a “realizzo controllato” ai fini della determinazione del “reddito” (e non solamente delle plusvalenze) dove il termine “reddito” può bene avere una connotazione positiva o negativa; infatti, dove il legislatore ha voluto restringere l’ambito applicativo di un regime agevolativo, come accade per il regime previsto dall’articolo 175 Tuir, ha espressamente introdotto un riferimento normativo all’articolo (86 Tuir) che si occupa della determinazione delle plusvalenze.

A quanto sopra deve aggiungersi che la stessa Amministrazione è intervenuta nel tempo con vari documenti di prassi (circolare 320/E/97; risoluzione 33/E/10; risoluzione 57/E/07), affermando (e, di conseguenza, creando un precedente) che l’adozione del criterio in discussione può comportare la evidenziazione sia di plusvalenze sia di minusvalenze rilevanti per il conferente.

Solo con la risoluzione 38/E/12, l’Agenzia ha introdotto il concetto della “potenziale” indeducibilità delle minusvalenze emergenti dall’applicazione della norma citata, affermando che la deduzione è consentita solo se le minusvalenze da conferimento si generano a fronte di un “valore normale” della partecipazione scambiata inferiore rispetto al valore fiscale.

Ma il principio di diritto sembra essere ancor più restrittivo, come emerge dall’esempio sopra esposto, rendendo la norma sempre meno aderente al suo obiettivo originario che era di armonizzare la disciplina fiscale delle operazioni di scambio di partecipazioni nazionali con quello degli scambi cosiddetti intracomunitari (circolare 320/E /98). Si ritiene quindi che il principio di diritto non intenda precludere l’applicazione del 177 comma 2 ai conferimenti minusvalenti bensì, piuttosto limitare la deduzione di tali minusvalenze secondo quanto già chiarito nella risoluzione del 2012.
Altrimenti risulterebbe minato il principio di legittimo affidamento del contribuente.

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