Imposte

Dividendi erogati da società semplici: la trasparenza penalizza i proventi esteri

Fanno ancora discutere le conseguenze del restyling delineato con il decreto fiscale dello scorso autunno

(AdobeStock)

di Giacomo Albano

Penalizzati gli utili di fonte estera percepiti da società semplici. È l’apparente conseguenza del nuovo regime di tassazione per trasparenza, introdotto dall’articolo 32-quater del Dl 124/2019, che ha riformato la precedente disciplina fiscale dei dividendi percepiti da società semplice, al fine di eliminare i penalizzanti effetti del regime previgente.

Il nodo
La questione era nata a seguito della legge di bilancio 2018, che ha modificato la disciplina fiscale dei redditi di natura finanziaria al di fuori dall’esercizio dell’impresa, prevedendo l’introduzione di una ritenuta a titolo d’imposta del 26% per tutte le tipologie di dividendi, qualificati e non. Per effetto della riforma (con l’abrogazione dell’articolo 47, comma 1, primo periodo, del Tuir), gli utili corrisposti a società semplici concorrevano a formare, in misura integrale, il reddito della società semplice, reddito da imputare per trasparenza ai soci esistenti al 31 dicembre di ogni anno. In caso di soci persone fisiche il reddito della società semplice (comprensivo del dividendo) veniva poi assoggettato all’Irpef, con le aliquote marginali; in caso di società (residenti e non), il reddito della società semplice andava assoggettato ad Ires con aliquota del 24%.

Le penalizzazioni
Tale meccanismo generava fenomeni penalizzanti. Ad esempio, se una persona fisica investiva direttamente in una società di capitali, sugli utili distribuiti dalla stessa scontava una tassazione del 26% (fatto salvo il regime transitorio per i dividendi distribuiti fino al 31 dicembre 2022), mentre in caso di investimento effettuato per il tramite di una società semplice, il dividendo avrebbe concorso integralmente alla formazione del reddito della società semplice, per poi essere attribuito al socio e tassato con l’aliquota marginale fino al 43%.

La soluzione
Per porre rimedio a tale situazione l’articolo 32-quater del decreto fiscale ha stabilito che gli utili percepiti da società semplici si intendono percepiti dai rispettivi soci, con applicazione del corrispondente regime fiscale. Si tratta di un regime di trasparenza diverso da quello che caratterizza le società di persone; quest’ultimo prevede la determinazione del reddito secondo le regole proprie della società trasparente, con la successiva imputazione del reddito così determinato ai soci, che lo assoggettano a tassazione con l’imposta propria (Irpef o Ires) applicabile a ciascun socio. Nel regime dell’articolo 32-quater, invece, il regime di trasparenza è totale, e porta alla tassazione dei dividendi percepiti dalle società semplici direttamente in capo ai soci di queste, come se l’investimento fosse effettuato direttamente nella società di capitali erogante. Pertanto:

• per la quota imputabile a società di capitali residenti, i dividendi sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo per il 95%;

• per la quota imputabile a società di persone commerciali o imprenditori individuali i dividendi sono esclusi nella misura del 41,86%;

• per la quota imputabile a persone fisiche residenti (al di fuori dell'esercizio di impresa) i dividendi sono soggetti a ritenuta a titolo d'imposta del 26%.

Questioni ancora aperte
Se la nuova formulazione normativa elimina le penalizzazioni per i dividendi di fonte interna, permangono una serie di problematiche sia per i dividendi provenienti da società non residenti che per i soci non residenti della società semplice, fattispecie entrambe escluse dall’ambito di applicazione della norma. Infatti, mentre il primo periodo del comma 1 dell’articolo 32-quater stabilisce come regola generale che gli utili percepiti da società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci, il secondo periodo disciplina esclusivamente i dividendi distribuiti dalle società ed enti residenti ed inoltre estende l’applicazione della ritenuta a titolo di imposta per la sola quota del dividendo imputabile alle persone fisiche residenti.

È evidente che, qualora nelle fattispecie cross-border rimanesse applicabile il regime di piena imponibilità del dividendo, si verrebbe a creare una penalizzazione degli investimenti e degli investitori esteri, contraria alla libera circolazione dei capitali. Sarebbe pertanto auspicabile un intervento del legislatore o, in mancanza, un’interpretazione della norma da parte delle Entrate che valorizzi anche nelle situazioni internazionali il principio generale per cui i dividendi della società semplice si considerano percepiti dai rispettivi soci.

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