Pensionati al Sud, il fondo integrativo non basta per la flat tax al 7%
Chiusura dell’Agenzia nella risposta a interpello 150 per le erogazioni non collegate all’età anagrafica
Il fondo integrativo inglese non collegato all’età pensionistica esclude l’accesso alla flat tax per il pensionato portoghese che si trasferisce al Sud Italia.
Il chiarimento è contenuto nella risposta a interpello 150/2022 delle Entrate. Il contribuente che ha proposto l’istanza, residente in Portogallo, è titolare di un fondo pensione privato istituito nel 2012 nel Regno Unito. Si tratta di un fondo complementare allo «statutory social security» (i.e. il regime di previdenza sociale obbligatorio) regolato dalla legge inglese, cui l’istante aveva aderito quale dipendente. Il diritto a ricevere le prestazioni derivanti dal fondo non sarebbe legato alla cessazione del rapporto di lavoro né al raggiungimento di una certa soglia di età. Data l’intenzione di trasferire la residenza fiscale in Italia dal 2022 e cominciare a percepire la “pensione” integrativa, l’istante chiedeva chiarimenti circa la possibilità di beneficiare del regime agevolato ex articolo 24-ter del Tuir.
La disciplina in questione si applica alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in uno dei comuni del Sud Italia con popolazione non superiore a 20mila abitanti, o in uno dei comuni colpiti dal sisma del 2016 con popolazione non superiore a 3mila abitanti. Per l’accesso al regime il soggetto deve essere stato residente fiscale all’estero negli ultimi 5 anni in un Paese con cui l’Italia ha una Convenzione contro le doppie imposizioni o un Tiea ovvero che aderisce alla Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa. Ulteriore condizione richiesta è che il soggetto percepisca «… redditi da pensione di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), erogati da soggetti esteri …». In questa categoria rientrano tipicamente tutti gli emolumenti ricevuti dopo la cessazione di un’attività lavorativa.
Per «pensioni di ogni genere» - ai sensi del richiamato articolo 49 Tuir – si intendono anche tutte le indennità una tantum dovute in ragione del versamento di contributi in costanza del rapporto di lavoro (circolare 21/E/2020). Al ricorrere di queste condizioni, i redditi di qualunque natura prodotti all’estero (non solo le pensioni) possono essere assoggettati a un’imposta sostitutiva dell’Irpef nella misura del 7%, applicabile per un periodo massimo di 10 anni. In linea di principio, le prestazioni integrative derivanti da un fondo previdenziale professionale estero e corrisposte una volta maturato il requisito anagrafico generano redditi riconducibili a quelli da pensione. Tuttavia, nel caso di specie le Entrate hanno ritenuto che le erogazioni non siano qualificabili alla stregua di un trattamento pensionistico vero e proprio posto che la riscossione delle somme può avvenire in qualsiasi momento.
In altri termini, l’assenza di un collegamento tra la maturazione di specifici requisiti anagrafici e l’insorgenza del diritto a ricevere le prestazioni escluderebbe – secondo l’Agenzia – la possibilità di riconoscere la natura pensionistica del fondo, con la conseguente impossibilità per l’istante di beneficiare dell’imposta sostitutiva del 7 per cento.