Imposte

Per gli enti del terzo settore il fisco tiene conto del costo pieno

Il Dl semplificazioni classifica come non commerciali quelle attività di interesse generale rese a fronte di corrispettivi che non superano i costi effettivi o che realizzano un avanzo di gestione contenuto entro determinati margini quantitativi e temporali

di Gabriele Sepio


Con il Dl Semplificazioni via libera alle modifiche al Codice del terzo settore (Cts) con alcune importanti novità che toccano la parte fiscale. In particolare tra gli emendamenti approvati ve ne sono alcuni di particolare interesse per operatori e professionisti impegnati in questa fase negli adeguamenti statutari e nelle scelte relative all’ingresso degli enti nel terzo settore.

Il restyling normativo riguarda in particolare l’articolo 79 del Cts. Una disposizione fondamentale per l’inquadramento fiscale degli enti e che classifica come non commerciali quelle attività di interesse generale rese a fronte di corrispettivi che non superano i costi effettivi o che realizzano un avanzo di gestione contenuto entro determinati margini quantitativi e temporali.

Il Dl semplificazioni introduce, dunque, alcuni chiarimenti utili ad applicare concretamente i nuovi criteri del Cts al fine di inquadrare la natura delle attività e la relativa fiscalità. In mancanza di indicazioni di prassi da parte dell’Amministrazione finanziaria il Dl Semplificazioni specifica prima di tutto quali sono i costi effettivi da prendere in considerazione.

A differenza di quanto previsto all’articolo 143 del Tuir, che richiama i «costi di diretta imputazione», per gli enti del terzo settore si potrà fare riferimento alla più ampia definizione di “costo pieno”.

Nel computo, dunque, rientreranno, oltre ai costi diretti, tutti quelli imputabili alle attività di interesse generale e, tra questi, i costi indiretti e generali, ivi compresi quelli finanziari e tributari.

Altra modifica di rilievo riguarda il margine di tolleranza concesso affinché l’attività possa mantenere la qualifica di non commercialità. In particolare tale inquadramento fiscale resta immutato anche qualora dallo svolgimento dell’attività di interesse generale emerga un avanzo di gestione nei limiti del 6% e per non più di tre esercizi consecutivi (in luogo dei due previsti nella precedente versione).

Altro aspetto particolarmente utile per gli operatori è contenuto nella disposizione che consentirà, nella fase di prima di applicazione delle nuove norme fiscali del Cts, di semplificare gli adempimenti connessi al mutamento della qualifica fiscale dell’ente da commerciale a non commerciale e viceversa. In tal caso, è previsto, in deroga ai criteri generali del Tuir, che nei primi due periodi d’imposta che seguono l’entrata in vigore delle disposizioni fiscali, tale mutamento di qualifica avrà effetto solo a far tempo dal periodo d’imposta successivo.

Questo significa che si potrà evitare l’onerosa ricostruzione contabile e fiscale retroattiva a far tempo dal 1° gennaio dell’anno in cui avviene il mutamento.

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