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Perimetro dell’esenzione da revocatoria decisivo per i piani attestati di risanamento

Se l’esenzione spettasse solo ai creditori e non ai terzi, la funzione del Par ne verrebbe svuotata

di Giuseppe Rebecca

I piani attestati di risanamento (Par) sono per la prima volta trattati specificatamente dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Ccii) che entrerà in vigore il 1° settembre 2021 (articolo 56). Nella legge fallimentare attuale sono citati solo indirettamente, per via delle esenzioni da revocatoria fallimentare (articolo 67, comma 3, lettera d).

Obiettivo del legislatore, come illustrato nella relazione illustrativa del decreto legislativo attuativo della legge delega 155/2017, è quello di rivitalizzare istituti stragiudiziali che risultano «già ormai ben radicati nel panorama nel diritto della crisi di impresa» affinché «se ne possa apprezzare in maniera più evidente il proficuo utilizzo nella prassi». Ora è appunto prevista una norma ad hoc. Tra l’altro sono richiesti data certa ed elencazione dettagliata degli atti da esentare, richiesta quest’ultima che renderà indubbiamente più difficile predisporre i piani.

Autorevole dottrina ha avanzato una tesi limitativa sui Par. A questo punto però l’interrogativo da porsi è se l’esenzione dalla revocatoria di cui all’articolo 166, comma 3, lettera d) varrà per atti, pagamenti o garanzie previsti nel piano riferiti solo ai creditori, oppure il riferimento – come ritiene chi scrive - è da estendere a tutti i soggetti nei confronti di chi siano effettuati tali atti, pagamenti o garanzie, creditori o terzi?
Questa la norma in discussione: «Non sono soggetti all’azione revocatoria ….d) gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato di cui all’articolo 56 o di cui all’articolo 284 e in esso indicati. L’esclusione non opera in caso di dolo o colpa grave dell’attestatore o di dolo o colpa grave del debitore , quando il creditore ne era a conoscenza al momento del compimento dell’atto , del pagamento o della costituzione della garanzia. L’esclusione opera anche con riguardo all’azione revocatoria ordinaria».

Qualora dovesse prevalere l’interpretazione limitativa, andrebbe proprio in senso contrario se non altro allo spirito della riforma. Attualmente nessuno mette in dubbio che l’articolo 67 riguardi chiunque, non solo i creditori dell’impresa, e quindi anche istituzioni finanziarie, soci e terzi possibili acquirenti di beni o di tutto o parte dell’azienda. La riforma vuole ridurre la platea dei soggetti interessati all’esenzione da revocatoria? Vuol dire proprio questo?
Ad avviso di chi scrive, sembra che non vada intesa in questo modo. Aver inserito, dopo la frase in cui si prevede la esenzione, il riferimento ai creditori può avere una valenza solo per la frase dove è inserito, e cioè con il riferimento al dolo o colpa grave conosciuti dal creditore, da cui far derivare appunto la esclusione da esenzione. Tale previsione non può essere estesa ad altri soggetti, al di fuori dei creditori. Tutti in generale possono godere in ogni caso dell’esenzione da revocatoria per certi atti, pagamenti e garanzie purché dettagliati nel piano. Per i creditori c’è però una limitazione, e riguarda appunto la conoscenza del fatto che l’attestatore o il debitore abbiano agito con dolo o colpa grave. In questo caso, per i creditori nessuna copertura da revocatoria. E questi creditori poi dovrebbero essere solo quelli adenti al piano, non avendo particolari interessi gli altri creditori. Questo, ad avviso di chi scrive, è il senso che hanno le espressioni utilizzate.

In definitiva, queste le situazioni che potrebbero verificarsi:
•per atti, pagamenti e garanzie nei confronti di un creditore aderente al piano , in presenza di dolo o colpa grave dell’attestatore o del debitore, conosciuti dal creditore (e come si proverà?), l’esenzione non è concessa;
•in mancata conoscenza, esenzione invece concessa;
•se nei confronti di altri (creditori non aderenti e terzi), mai nessun problema, esenzione piena, naturalmente sulla base di quanto previsto e dettagliato nel piano.

E questo, indipendentemente dal fatto che il piano sia rivolto ai creditori. Non si rinviene, infatti, un legame a sostegno della tesi contraria, in questo senso, se non una assonanza di riferimenti.

In ogni caso, ove dovesse valere la tesi della limitazione dell’esenzione ai soli creditori (tutti o solo quelli aderenti) , unici soggetti che potrebbero usufruirne, quale potrebbe essere la motivazione, nell’escludere i terzi (si pensi, tra l’altro, agli istituti di credito e ai soci) da esenzioni da revocatoria? Che forse i creditori, o meglio uno dei creditori, quello appunto nei cui confronti si fa un atto, pagamento o si dà una garanzia, deve avere una maggiore tutela rispetto non solo ai terzi, ma proprio anche nei confronti degli altri creditori? Non troviamo un senso a un’interpretazione di questo tipo. Non c’è una logica sottostante. Un creditore non può godere di benefici maggiori rispetto a dei terzi, estranei. Terzi e creditori devono essere messi sullo stesso piano. Per i creditori, poi, tenuto conto del fatto che in qualche modo sono già legati alle sorti dell’impresa, è prevista una fattispecie in più; se a conoscenza di dolo o colpa grave da parte dell’attestatore o del debitore, l’esenzione da revocatoria non varrà nei loro confronti. Ma non per questo si dovranno escludere i non creditori o i creditori non partecipanti.

Già il Par richiede la specificazione degli atti, pagamenti e garanzie ai quali attribuire l’esenzione da revocatoria, il che non sarà certamente facile; se potesse valere un’interpretazione diversa da quella fornita da chi scrive, nel senso che l’esenzione spetta solo ai creditori e non ai terzi, la funzione del Par ne verrebbe del tutto svilita, per non dire del tutto svuotata, al di là dell’intento dichiarato nella relazione illustrativa. Sembra evidente che non può essere interpretato in questo modo.