Finanza

Prestiti fino a 25mila euro, la cessione d’azienda non obbliga a separare i ricavi

Consentita la somma dei ricavi dei soggetti coinvolti nell’esercizio in cui è avvenuta l’operazione straordinaria

di Gabriele Ferlito

È stato rilevato da più parti che la compilazione del modulo per la richiesta della garanzia al 100% sui cosiddetti “mini finanziamenti” (articolo 13, comma 1, lettera m del Dl 23/2020) presenta alcuni aspetti problematici di non immediata soluzione.

Al di là delle incertezze relative agli aiuti di Stato fruiti dal soggetto (da indicare al punto 17 del modulo, già oggetto di un precedente articolo su Nt+ Fisco), rimangono sul tavolo diverse problematiche interpretative con riferimento ai punti del modulo dedicati ai profili più specificamente “quantitativi”. In particolare, si tratta dei punti 14 e 15, nei quali il soggetto richiedente deve, rispettivamente, auto-dichiarare di essere stato danneggiato dall’attuale emergenza sanitaria ed indicare l’importo dei ricavi conseguiti nell’ultimo esercizio sociale.

Si ricorda che si tratta di informazioni che, ove indicate erroneamente, potrebbero portare alla revoca dell’agevolazione concessa ed all’applicazione di sanzioni, come previsto dal punto 9 del modulo (anch’esso oggetto di un precedente intervento su questa rivista riportato in calce).

L’auto-dichiarazione del danno subito
Cominciando dall’auto-dichiarazione del danno subito, data l’ampia formulazione utilizzata dal modulo ci si chiede quali parametri vanno presi in considerazione.
Certamente il punto di riferimento è il fatturato del soggetto richiedente, che deve avere subito una contrazione nel periodo emergenziale, ad esempio per effetto della chiusura temporanea dell’attività stabilita per legge. Ma anche in assenza di chiusura, il blocco generalizzato dell’economia può avere comportato, in via “indiretta”, una riduzione del fatturato del soggetto richiedente (solo per fare un esempio, si pensi alle attività degli studi legali, che hanno subito la sospensione delle attività giudiziali per un periodo prolungato). Anche in queste ipotesi, quindi, si ritiene che sussistano i requisiti per accedere al beneficio.
Alcuni dubbi potrebbero sorgere con riferimento a quei casi in cui l’emergenza sanitaria ha determinato una modificazione importante della natura della clientela del soggetto. Il caso più evidente è quello dei commercianti di prodotti alimentari, che hanno visto azzerarsi il fatturato nei confronti di hotel, ristoranti eccetera, ma al contempo hanno incrementato in maniera considerevole quello nei confronti delle persone fisiche. In casi come questo, la valutazione è meno semplice, ma si ritiene che si possa accedere al beneficio laddove l’incremento verso privati non compensi la riduzione verso le aziende.

L’indicazione dei ricavi dell’ultimo esercizio
I mini finanziamenti devono essere di importo non superiore al 25% dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia. Per i soggetti costituiti dopo il 1° gennaio 2019 si può utilizzare un’autocertificazione oppure altra idonea documentazione. Queste informazioni vanno inserite nel punto 15 del modulo.
Per quanto riguarda i soggetti costituiti prima del 1° gennaio 2019, molti interrogativi derivano dal fatto che, spesso, ad oggi non sono stati depositati i bilanci né presentate le dichiarazioni dei redditi per l’anno 2018. In tali ipotesi, quali documenti occorre prendere a riferimento per stabilire i ricavi cui parametrare il finanziamento ottenibile? Bisogna andare ancora indietro nel tempo, con il bilancio o la dichiarazione dei redditi per l’anno 2017? Oppure può prendersi a riferimento la dichiarazione Iva per l’anno 2019, che poteva essere presentata a partire dal 1° febbraio 2020 (e, in mancanza, quella per l’anno 2018, presentata ad inizio 2019)?

La prima soluzione è sicuramente valida, ma potrebbe scontrarsi con eventuali riduzioni di fatturato conseguite dall’impresa o dal professionista nel 2018 rispetto al 2017.
Il riferimento alla dichiarazione Iva per l’anno 2019 (o per l’anno 2018) sembra invece meno sicuro. È vero, da un lato, che si tratta pur sempre di una “dichiarazione fiscale”, come richiesto della norma, ma è anche vero che la parametrazione del finanziamento è stabilita con riferimento ai “ricavi”, cioè ad una grandezza non intercettata dalla dichiarazione Iva che si riferisce al volume di affari. Si segnala tuttavia che l’Abi, nella propria circolare del 16 aprile 2020, ha ammesso il riferimento alla dichiarazione Iva per l’anno 2019 per i soggetti costituiti dopo il 1° gennaio 2019. Ciò potrebbe consentire l’utilizzo di questo documento anche ai soggetti costituiti prima di tale data, anche solo per ragioni di uguaglianza di trattamento.

E se la costituzione è avvenuta nel 2020 e non si avesse, quindi, la possibilità di riferirsi nemmeno alla dichiarazione Iva per il 2019? In questa ipotesi non sembrano esservi alternative: dovranno considerarsi i ricavi conseguiti nel 2020 fino alla data della richiesta, anche se ciò comporterà verosimilmente di potere ottenere un finanziamento di importo molto ridotto.

In caso di cessione o affitto d’azienda
Nel caso di soggetti coinvolti in operazioni di cessione/affitto di azienda, la norma introduce una facilitazione: in tali casi «si considera altresì l’ammontare dei ricavi risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi o dall’ultimo bilancio depositato dal cedente o dal locatore». La norma sembra consentire la sommatoria dei ricavi conseguiti dal dante causa e dall’avente causa nell’esercizio in cui è avvenuta l’operazione, così da evitare il frazionamento temporale dei ricavi in capo a due soggetti diversi.

Data la “ratio” sottostante la norma, si ritiene che il medesimo approccio possa essere adottato anche in altri casi di circolazione dell’azienda, ad esempio in caso di conferimento o di fusione.

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