Prestiti infruttiferi intercompany da riesaminare dopo le pronunce della Cassazione
La sentenza 21828/2020 impone di ricalibrare le policy di transfer pricing per prevenire le contestazioni del Fisco
La sentenza 21828/2020 della Cassazione (pubblicata in data 9 ottobre 2020) stabilisce che in caso di finanziamenti concessi tra società facenti parte dello stesso gruppo la qualifica del rapporto come infruttifero di interessi non è tale da prevaricare il disposto dell’articolo 110, comma 7, del Dpr 917/1986, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Ctr Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
La vicenda
Il contribuente, nei periodi di imposta 2004 e 2005, ha concesso un finanziamento infruttifero alla società controllata di diritto tedesco (“GmbH”).
In sede di accertamento, l’agenzia delle Entrate ha rettificato – ai fini Irpeg, Ires, Irap e Iva – il reddito complessivo globale del contribuente, richiamando a tassazione gli interessi attivi maturati sul finanziamento sopra citato.
Secondo l’agenzia delle Entrate alla base dell’accertamento vi sono due motivazioni precipue, riconducibili:
1) all’antieconomicità dell’operazione;
e 2) all’onere della prova.
Con riferimento all’antieconomicità: «L’erogazione di prestiti infruttiferi costituisce comportamento visibilmente antieconomico che mal si concilia con la fattività di impresa la quale […] è ontologicamente finalizzata al conseguimento del massimo profitto».
Con riferimento all’onere della prova: «A fronte della qualifica di “finanziamento” dell’erogazione, implicante l’onerosità del contratto, era la contribuente a dover dimostrare il contrario, mediante, ad esempio, la produzione in giudizio dell’atto scritto contemplante la non debenza degli interessi».
Il ricorso
A fronte delle pronunce di primo e secondo grado, che avevano accolto l’impugnativa del Contribuente, l’Agenzia ha proposto ricorso in Cassazione. La Corte sancisce la legittimità del recupero a tassazione degli interessi maturati su finanziamenti infruttiferi infragruppo, fornendo le seguenti motivazioni:
• l’orientamento secondo cui la stipula di un finanziamento infragruppo non oneroso realizza una operazione che, escludendo gli interessi, non contrasta con la previsione dell’articolo 110, comma 7, Dpr 917/1986, è «definitivamente superato»;
• l’articolo 110, comma 7, Dpr 917/1986, va inteso come «attuativo del principio di libera concorrenza»;
• la valutazione del valore normale delle operazioni realizzate postula l’esame della loro «sostanza economica»;
• sono soggetti alla medesima disciplina i finanziamenti infruttiferi internazionali tra imprese controllate e controllanti;
• la ratio dell’istituto (articolo 110, comma 7, Dpr 917/1986), è quella di «oggettivare il valore delle operazioni ai soli fini fiscali, senza che ne siano alterati gli equilibri civilistici tra i contraenti».
Il fisco può pertanto sindacare la congruità – in linea con il valore normale di mercato – delle operazioni infragruppo, a prescindere dall’autonomia negoziale delle parti e delle pattuizioni contrattuali stabilite. L’eventuale infruttuosità del finanziamento concordata dalle parti non esclude, di per sé, l’applicazione delle disposizioni in tema di corretta determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo.
Con la sentenza Cassazione viene pertanto ribadita la necessità per i gruppi multinazionali di rivedere la transfer pricing policy relativa ai finanziamenti infragruppo, negli ultimi anni considerata di secondaria priorità rispetto al transfer pricing di beni, servizi e proprietà intellettuale.
Di fatto, essendo i finanziamenti infragruppo potenzialmente suscettibili di generare componenti positivi (e negativi) di reddito, la corretta determinazione del valore normale della relativa remunerazione (cioè interessi attivi o passivi) diviene determinante al fine di prevenire contestazioni da parte del Fisco.
Inoltre, alla luce del report dell’Ocse “Transfer Pricing Guidance on Financial Transactions”, pubblicato a febbraio 2020, contribuenti e amministrazioni finanziarie hanno a disposizione un nuovo insieme condiviso di istruzioni al fine di:
1) delineare correttamente le operazioni finanziarie;
2) determinare coerentemente il valore normale (arm’s length) della relativa remunerazione.
Nell’ambito di un finanziamento infragruppo – al pari di altre transazioni infragruppo – risulta fondamentale delineare correttamente l’operazione, identificando puntualmente le caratteristiche suscettibili di incidere sul relativo pricing, inclusi le caratteristiche del finanziamento (cioè durata, seniority, presenza di garanzie), le funzioni svolte dalle parti, i rischi assunti e le circostanze economiche.
Una volta delineata correttamente l’operazione infragruppo e identificati i principali fattori di comparabilità, il contribuente ha la possibilità di determinare il pricing a valore normale della relativa remunerazione.
Tale attività, partendo dalle caratteristiche dell’operazione infragruppo e dal relativo livello di rischio (spesso sintetizzato dal credit rating del mutuatario), ha l’obiettivo di identificare sul mercato operazioni “sufficientemente” comparabili tra parti indipendenti e individuarne il pricing di mercato ad arm’s length (benchmark analysis).
Ultimata l’analisi sintetizzata nei due step precedenti, l’ultimo passaggio per il contribuente consiste nel predisporre un’accurata documentazione descrittiva (Transfer Pricing policy) da esibire in caso di accertamenti da parte del Fisco.
Con la messa in atto di tali attività, il contribuente ha la possibilità di minimizzare il rischio fiscale relativo alle operazioni di finanziamento infragruppo ed evitare spiacevoli contestazioni da parte del Fisco.