Presunte operazioni inesistenti: bocciata la rettifica induttiva
I semplici indizi di inesistenza oggettiva delle operazioni di acquisto fatturate non giustificano la ricostruzione puramente induttiva del reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera d), del Dpr 600/73. È questo il principio affermato dalla Ctp di Bergamo 649/2/2016.
Nel caso in esame, a seguito di un Pvc emesso dalla Guardia di finanza, l’ufficio contestava a una società l’utilizzo di fatture di acquisto per operazioni considerate oggettivamente inesistenti. La pretesa inesistenza oggettiva delle operazioni di acquisto era tale da rendere totalmente inattendibile la contabilità della contribuente, giustificando la ricostruzione puramente induttiva (attraverso l’applicazione di un indice di redditività medio annuo estrapolato dalla consultazione di una banca dati pubblica e dall’esame dei bilanci di società in possesso delle medesime caratteristiche).
Questa modalità di accertamento risultava altresì giustificata in considerazione del fatto che, nei periodi oggetto di verifica, la società aveva indicato un valore della produzione costantemente negativo che, denotando una gestione antieconomica dell’attività, avrebbe consentito l’utilizzo del metodo induttivo-extracontabile di determinazione del reddito.
La società proponeva ricorso davanti alla Ctp e sottolineava che l’asserita presunta natura antieconomica della gestione aziendale in realtà non sussisteva: al netto del costo sostenuto per la locazione finanziaria dei beni strumentali, il valore della produzione netta era stato sempre positivo.
Inoltre, la presunta inesistenza di alcune operazioni di acquisto poteva, tutt’al più, giustificare il recupero dei relativi costi, ma non integrare il presupposto legale (contabilità inattendibile) per procedere a un accertamento induttivo extracontabile.
Infine, anche il criterio di ricostruzione del reddito realizzato attraverso l’utilizzo di percentuali di reddittività di società similari, ottenuto attraverso la comparazione dei dati acquisiti in una banca dati pubblica, era del tutto inattendibile.
Il collegio ha accolto il ricorso della società, affermando l’illegittimità dell’accertamento induttivo, per mancanza dei presupposti di legge, e riconoscendo l’inattendibilità del metodo di ricostruzione del reddito seguito dall’ufficio. La pretesa inesistenza di alcuni acquisti non può essere tale da giustificare (da un lato) l’asserita inattendibilità della contabilità quale presupposto dell’accertamento induttivo, e (dall’altro) l’utilizzo di percentuali di redditività desunte dai dati ottenuti da banche dati pubbliche e dall’esame dei dati di bilancio di società che svolgono la medesima attività.
Infatti, queste percentuali di redditività rappresentano il risultato di una estrapolazione statistica di dati non omogenei da cui non è possibile desumere quello non conosciuto,cioè la prova dell’effettiva esistenza di un maggiore reddito.