Presunzioni sui prelevamenti bancari: la norma sul limite non è retroattiva
Per la Cassazione la modifica normativa introdotta dall’articolo 7-quater del Dl 193/2016 ha natura sostanziale
La modifica normativa sulla presunzione riguardante i prelevamenti bancari ha natura sostanziale e, dunque, non risulta retroattiva. Tale principio è stato ribadito dalla sentenza della Corte di cassazione n. 19774/2020, che si è espressa in merito a quanto stabilito dall’articolo 7-quater, comma 1, lett. a), del Dl 193/2016. Norma, quest’ultima, che ha introdotto un limite quantitativo all’importo dei prelievi rilevanti ex articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973. Pertanto detto limite, sulla base di quanto statuito dalla Suprema corte, assumerà rilevanza ai fini accertativi solamente a partire dall’entrata in vigore della legge di conversione del Dl 193/2016 (ossia dal 3 dicembre 2016).
La norma
È noto che il citato articolo 32, comma 1, n. 2) del Dpr 600/1973 prevede la rilevanza, ai fini della determinazione del reddito del contribuente accertato, dei prelevamenti bancari qualora essi siano di importo superiore a mille euro giornalieri e, comunque, a 5mila euro mensili. Gli uffici impositori possono difatti utilizzare tali elementi (prelievi) per rettificare, sulla base di quanto previsto dagli articoli 38, 39, 40 e 41 dello stesso Dpr 600/1973, i “ricavi” dichiarati (risultando pertanto la norma rivolta solamente agli imprenditori). Questo, tuttavia, qualora il contribuente non indichi il beneficiario di tali prelievi bancari e gli stessi non risultino dalle scritture contabili.
Come sopra riportato, prima della modifica di cui all’articolo 7-quater, comma 1, lett. a), del Dl 193/2016 non esisteva alcun limite quantitativo rispetto all’operatività di tale “presunzione”. Da ciò derivando che, vista l’obiettiva difficoltà, in molti casi, di dimostrazione del destinatario delle somme prelevate, la soglia individuata con il Dl 193/2016 rappresentava senz’altro una tutela rilevante per i contribuenti accertati.
Le interpretazioni
Per questo motivo si pose da subito la questione della potenziale retroattività di quanto disposto dal citato articolo 7-quater, attribuendovi taluni natura procedimentale (quindi retroattiva), mentre altri - tra cui la recente sentenza della Cassazione - sostenendo la natura sostanziale.
Va innanzitutto riportato come detto andamento interpretativo altalenante sia riscontrabile nelle pronunce dei giudici di merito, i quali si sono orientati in alcuni casi sulla retroattività delle modifiche all’articolo 32 del Dpr 600/1973 (cfr. Ctr Lombardia n. 4239/2017 del 24 ottobre 2017 e Ct II grado Trento n. 79/1/17 del 12 luglio 2017), mentre in altre occasioni hanno affermato la portata sostanziale di detta modifica legislativa (Ctr Liguria n. 1543/6/17 del 13 novembre 2017).
La posizione dell’agenzia delle Entrate
Ciò che desta stupore è la constatazione di una tendenza ondivaga anche da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ed infatti, in un primo momento, con l’estensione della presunzione sui prelevamenti ai professionisti (articolo 1, comma 402, della legge 311/2004) – poi eliminata dallo stesso articolo 7-quater, comma 1, lett. a), del Dl 193/2016 – l’Agenzia delle Entrate si era espressa circa la natura “procedimentale” di detta modifica legislativa.
Con circolare 32/E/2006 (§ 5.4) l’Agenzia aveva infatti sostenuto che “In tal senso, depone il fatto che la norma stessa regolamenta il potere istruttorio dell’amministrazione finanziaria e non direttamente le regole di determinazione e quantificazione del reddito”, ritenendo quindi di poter applicare la norma anche ad annualità precedenti a quella a partire dalla quale la legge 311/2004 aveva “allargato” la presunzione ai professionisti (con buona pace delle difficoltà operative che tale interpretazione era in grado di creare in capo ai contribuenti interessati).
Diversamente, ad esito della modifica (limitativa) ai poteri istruttori di cui al Dl 193/2016, la stessa Agenzia delle Entrate si è pronunciata in senso opposto, sostenendo come la irretroattività della modifica normativa fosse conseguenza del fatto che tale modifica riguardava l’attività istruttoria e non quella di accertamento (risposta n. 48 a Telefisco 2017 e circolare n. 8/E/2017, § 19).
Ad ogni modo, nonostante tale sorta di “doppiopesismo interpretativo” da parte dell’Agenzia delle Entrate, la sentenza della Cassazione n. 19774/2020 aderisce all’ultimo degli indirizzi amministrativi riportati. In ciò dimostrandosi la Corte in linea con alcuni propri precedenti sulla natura sostanziale delle modifiche all’articolo 32 in parola (cfr. Cassazione n. 26683/2019).
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