Controlli e liti

Prima casa, nuovo sì della Cassazione al sequestro per i reati tributari

La sentenza 5608/2021 ribadisce che la preclusione prevista dalle norme sulla riscossione non vale in sede penale

di Laura Ambrosi

In presenza di reati tributari può essere sequestrata a fini della successiva confisca la prima casa dell’imprenditore. La previsione contenuta nella normativa sulla riscossione infatti non si applica ai provvedimenti di tipo penale. A confermare questo rigoroso principio è la Cassazione, sezione III penale con la sentenza 5608/2021 depositata il 12 febbraio 2021 (si veda l’articolo sulla sentenza 8995/2020).

A un imputato per dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture riferita ad una società veniva sequestrato ai fini della futura confisca un immobile adibito a «prima casa». La misura cautelare era confermata dal Tribunale del riesame la cui decisione era impugnata per cassazione.

Nel ricorso l’imprenditore rilevava, tra l’altro, che l’abitazione costituiva prima e unica casa di abitazione e pertanto non poteva essere sottoposta a sequestro. In proposito in base alle previsioni squisitamente tributarie (articolo 76 del Dpr 602/73), l’agente della riscossione non può procedere all’espropriazione dell’unico immobile di proprietà del debitore con esclusione delle abitazioni di lusso, se esso è adibito ad uso abitativo e l’interessato vi risiede anagraficamente

La Cassazione ha tuttavia confermato la misura. I giudici di legittimità hanno innanzitutto osservato che in tema di reati tributari, il limite alla espropriazione immobiliare previsto dall’articolo 76 del Dpr 602/73, opera solo nei confronti dell’erario per debiti tributari e non di altre categorie di creditori. In ogni caso, comunque la preclusione riguarda l’unico immobile di proprietà e non la “prima casa” del debitore.

Ne consegue, così, secondo la sentenza, che non si sussiste alcun limite per l’adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né per il sequestro preventivo ad essa finalizzato. La disposizione, infatti, è applicabile solo nel processo tributario e pertanto impedisce il sequestro preventivo dell’abitazione dell’indagato solo in tale ristretto ambito.

La Suprema corte sul punto ha altresì affermato che è inapplicabile il limite dell’espropriazione nel procedimento penale per reati tributari anche perché a norma dell’articolo 2740 del Codice, il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri e che le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge.

Per i reati tributari, però, tali limitazioni non sono espressamente previste, con la conseguenza che non possano essere introdotte deroghe. Da qui il rigetto del ricorso e la conferma della misura.

La sentenza evidenzia che questo orientamento trae origine da un precedente (Cassazione 8995/2020) il quale aveva già modificato precedenti pronunce (22581/2019 e 3011/2017) giunte a conclusioni opposte ovviamente non condivise. Tali decisioni si fondavano essenzialmente nel presupposto che l’aggressione in sede penale (peraltro per crediti fiscali) aggirerebbe una disposizione posta a tutela del diritto costituzionale di abitazione. Attesa la delicatezza della questione, riguardando infatti l’unico immobile del contribuente indagato, forse, occorrerebbe l’intervento delle Sezioni unite al fine di dirimere qualunque contrasto.

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