Controlli e liti

Reati tributari, sì al sequestro della prima casa dell’imprenditore

La sentenza 8995/2020 della Cassazione: le limitazioni sulla riscossione non si applicano in campo penale

di Antonio Iorio

In presenza di reati tributari può essere sequestrata a fini della successiva confisca la prima casa dell’imprenditore. La previsione contenuta nella normativa sulla riscossione infatti non si applica ai provvedimenti di tipo penale. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di Cassazione, sezione III penale con la sentenza 8995/2020 che si pone in contrasto con precedenti pronunce della medesima sezione.

Al legale rappresentante di una società indagato per dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture veniva sequestrato ai fini della futura confisca un immobile adibito a «prima casa».

La misura cautelare era confermata dal Tribunale del riesame la cui decisione era impugnata per cassazione.

Nel ricorso l’imprenditore rilevava, tra l’altro, che l’abitazione in questione non poteva essere sottoposta a futura confisca in base alle previsioni dell'articolo 52 del Dl 69/2013. Tale norma infatti - modificando la lettera a) dell’articolo 76 del Dpr 602/73, in tema di espropriazione immobiliare ha previsto che l’agente della riscossione non possa procedere all’espropriazione dell’unico immobile di proprietà del debitore con esclusione delle abitazioni di lusso, se esso è adibito a uso abitativo e l’interessato vi risiede anagraficamente

Veniva poi evidenziato che una precedente sentenza della Corte di Cassazione (22581/2019) riteneva che tale disposizione impedisse la confisca e quindi il prodromico sequestro della prima casa in relazione a reati fiscali.

I giudici di legittimità hanno respinto il ricorso.

Innanzitutto viene osservato che la disposizione tributaria richiamata ha introdotto un limite all’espropriazione immobiliare che, a ben vedere, non riguarda la “prima casa”, bensì “l'unico immobile del debitore”. Si tratta di un concetto differente in quanto attiene alla consistenza quantitativa del patrimonio del debitore e non semplicemente la qualificazione del singolo immobile oggetto di pignoramento.

Ne consegue, secondo la sentenza, che per invocare l’applicazione della disposizione in tema di espropriazione immobiliare, il debitore non può limitarsi a prospettare che l’immobile pignorato sia la sua prima casa perché questa prospettazione non esclude, di per sé, che il medesimo debitore possegga altri immobili.

Inoltre la disposizione non fissa un principio generale di impignorabilità perché si riferisce soltanto alle espropriazioni da parte del fisco per debiti tributari e non anche a quelle promosse da altre categorie di creditori per debiti di altro tipo. Non è neanche ipotizzabile che la disposizione possa trovare applicazione in relazione alla confisca penale in quanto, in questo caso, l’oggetto è il profitto del reato e non il debito fiscale. Nei reati dichiarativi infatti il profitto deve essere individuato nel risparmio economico derivante dagli importi evasi rispetto alla loro destinazione fiscale e non comprende nè le sanzioni né gli interessi. Il debito verso il fisco, invece, è sempre comprensivo delle imposte e anche delle sanzioni ed interessi

La sentenza evidenzia che questo orientamento si pone in contrasto con quanto già affermato dalla medesima sezione III in precedenti pronunce (22581/2019 e 3011/2017) le quali sono giunte a conclusioni opposte ovviamente non condivise. Esse infatti non avrebbero considerato che la normativa richiamata non fa riferimento alla “prima casa” del debitore tributario ma all’unico immobile di proprietà

In ogni caso, non può trovare applicazione nella confisca penale e al prodromico sequestro preventivo.

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