I temi di NT+Modulo 24

Procedure concorsuali, le verifiche per dedurre le perdite su crediti

La deduzione della perdita su crediti è ammessa nel periodo di imputazione a bilancio tra la data della sentenza dichiarativa di fallimento e il periodo d’imposta in cui si deve procedere alla cancellazione

Per i soggetti diversi da banche, società finanziarie e imprese di assicurazione, il trattamento fiscale riservato alle perdite su crediti, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, è contenuto nell’articolo 101, comma 5 del Tuir, che disciplina, in modo particolare, i requisiti al ricorrere dei quali le perdite sono deducibili senza limiti e con procedimento analitico.

Tralasciando i profili fiscali generali in tema di perdite su crediti, verranno, in questa sede, analizzati i peculiari aspetti della deducibilità delle perdite su crediti vantati nei confronti di debitori assoggettati a procedure concorsuali.

L’articolo 101, comma 5 del Dpr n. 917/1986, al primo periodo, prevede che « le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso […] se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni».

In forza della predetta norma, quindi, le perdite su crediti risultano deducibili, “in ogni caso”, qualora il debitore sia assoggettato alle seguenti procedure concorsuali (comprese quelle equivalenti estere):

liquidazione giudiziale (già fallimento),

liquidazione coatta amministrativa,

concordato preventivo,

amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi,

accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ex articolo 182-bis del Rd n. 267/1942 e

piani attestati di risanamento ex articolo 67, comma 3, lettera d) del Rd n. 267/1942.

Il secondo periodo del comma 5 stabilisce, invece, il “momento” a decorrere dal quale è possibile operare la deduzione fiscale delle dette perdite. Il debitore si considera, infatti, assoggettato a procedura concorsuale a decorrere:

a) dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento (dal 15/07/2022, liquidazione giudiziale);

b) dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;

c) dalla data del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;

d) dalla data del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione debiti;

e) dalla data del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;

f) dalla data di iscrizione nel registro delle imprese dei piani attestati.

Si evidenzia che per le procedure estere equivalenti a quelle domestiche, il momento a decorrere dal quale è possibile dedurre fiscalmente le perdite su crediti coincide con la data di ammissione alla relativa procedura. Queste ultime due fattispecie (piani attestati e procedure estere equivalenti) sono state introdotte nell’ordinamento dal Dlgs n. 147/2015. A decorrere dal periodo di imposta in corso al 7 ottobre 2015, infatti, a seguito delle modifiche recate all’articolo 101, comma 5, Dpr n. 917/1986 ad opera dell’articolo 13, comma 1, lettera c) del Dlgs n. 147/2015, tra le condizioni per la deducibilità delle perdite su crediti, sono state “aggiunte” anche le perdite in caso di conclusione di un piano attestato ex articolo 67, comma 3, lettera d) Rd n. 267/1942 o di assoggettamento del debitore a procedure estere equivalenti a quelle interne, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.

L’inquadramento del “corretto” esercizio nel quale poter dedurre fiscalmente le perdite su crediti da procedure ha sempre rappresentato un tema dibattuto sia in dottrina che in giurisprudenza. Sul punto, il legislatore tributario è intervenuto con l’introduzione del comma 5-bis dell’articolo 101 Tuir, ad opera dell’articolo 13, comma 1, lettera d) del Dlgs n. 147/2015.
Il comma 5- bis dell’articolo 101 prevede, infatti, che «per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento, la deduzione della perdita su crediti è ammessa, ai sensi del comma 5, nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, ai sensi del predetto comma, sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l’imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio».

Principali orientamenti giurisprudenziali di legittimità

Prima dell’introduzione del citato comma 5-bis, la giurisprudenza, anche di legittimità, ha avuto sul punto orientamenti spesso ondivaghi.

Di recente, la Suprema Corte è nuovamente intervenuta con l’ordinanza 1° giugno 2021 n. 15218 che pare abbia messo un punto fermo sulla questione, attribuendo valenza sostanzialmente interpretativa al citato articolo 101, comma 5-bis del Tuir e all’articolo 13, comma 3 del Dlgs n. 147/2015.

In buona sostanza, a parere del Giudici di legittimità, anche prima del 2015, ove il debitore sia assoggettato a fallimento o ad altre procedure concorsuali e istituti assimilati, la deduzione della perdita su crediti è ammessa nel periodo di imputazione a bilancio, entro la “finestra temporale” che va dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento (o di avvio della procedura) al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito stesso dal bilancio.

Si ricorda che, nell’impianto normativo in vigore dal 2015, come sopra detto, tale problematica interpretativa venne “superata” con l’introduzione del comma 5-bis all’articolo 101 del Tuir, che ha delimitato, di fatto, l’ambito temporale della deducibilità, prevedendo che la deduzione non sia più consentita quando l’imputazione avvenga in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

Mentre l’inquadramento “temporale” delle perdite su crediti da procedure, per i periodi di imposta successivi al 2014, sia piuttosto pacifico, al contrario, per i periodi d’imposta fino al 2014, si discute (ancora) se la deduzione debba avvenire obbligatoriamente nell’esercizio di apertura della procedura ovvero se tale evento rappresenti solo il termine iniziale per la deducibilità delle perdite.

Anche prima della pronuncia n. 15218/2021 in esame, secondo l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale prevalente (Cassazione nn. 12831/2002 e 22135/2010), la perdita su crediti da procedure ante 2015 era considerata deducibile in esercizi successivi a quello dell’apertura della procedura stessa, posto il tenore letterale dell’articolo 101, comma 5, il quale afferma che “il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data […] ” (e non già “alla data”) in cui viene emanato il provvedimento (o decreto) che apre la procedura medesima.

In linea con tale orientamento, la circolare dell’agenzia delle Entrate n. 26/2013 (§ 6) aveva precisato che «una volta aperta la procedura, l’individuazione dell’anno in cui dedurre la perdita su crediti deve avvenire secondo le ordinarie regole di competenza».
Sulla base di tale interpretazione, quindi, in ogni esercizio si considera deducibile la quota del credito che, in base allo “stato” della procedura, viene giudicata irrecuperabile.

Sussiste, peraltro, un filone giurisprudenziale minoritario, nuovamente alimentato da due recenti pronunce (Cassazione n. 8587/2020 e n. 1282/2020), secondo il quale le perdite su crediti vantati verso debitori assoggettati a procedura concorsuale sarebbero deducibili esclusivamente nel periodo d’imposta di apertura della procedura.

Riprendendo quanto affermato dall’ordinanza 15218/2021, la successiva pronuncia della Suprema Corte 21958/2022 ribadisce che le modifiche introdotte dal Dlgs n. 147/2015, in materia di individuazione del periodo di imputazione temporale delle perdite su crediti da procedura, hanno natura interpretativa. Pertanto, anche prima del 2015, ove il debitore sia assoggettato a fallimento o ad altre procedure concorsuali, la deduzione della perdita su crediti è ammessa nel periodo di imputazione a bilancio, entro la “finestra temporale” che va dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento (o di avvio della procedura) al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito stesso dal bilancio.

L’Ordinanza n. 21958/2022 precisa che la deduzione in un periodo d’imposta successivo a quello di apertura della procedura è consentita soltanto qualora la particolare natura della procedura (o dello stato di essa, o del credito in sé e per sé considerato) consentano al contribuente, al momento dell’apertura della procedura medesima, di aspirare concretamente alla soddisfazione del credito, incombendo, peraltro, sul contribuente l’onere di fornire idonea giustificazione della deduzione in un esercizio successivo a quello di apertura della procedura stessa. In proposito si può fare riferimento a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate con la già citata Circolare n. 26/E/2013. In tale sede si è affermato che la valutazione dell’entità della perdita non può consistere in un processo arbitrario del redattore di bilancio ma deve rispondere ad un razionale e documentato processo di valutazione conforme ai criteri dettati dai principi contabili adottati. A tal fine si ritiene che rappresentino documenti idonei a dimostrare la congruità del valore stimato della perdita tutti i documenti di natura contabile e finanziaria redatti o omologati da un organo della procedura, quali ad esempio:

l’inventario redatto dal curatore ex articolo 87 del Rd n. 267 del 1942;

il piano del concordato preventivo presentato ai creditori ex articolo 160 del Rd n. 267 del 1942;

la situazione patrimoniale redatta dal commissario della liquidazione coatta amministrativa ex articolo 205 del Rd n. 267 del 1942;

la relazione del commissario giudiziale nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, articolo 28, Dlgs n. 270 del 1999;

le garanzie reali o personali ovvero assicurative.

Analogamente, in relazione a crediti vantati nei confronti di un debitore estero, costituiscono validi elementi di supporto alla determinazione dell’entità della perdita tutti i documenti prodotti da organi ufficialmente nominati all’interno della procedura estera alla quale il debitore risulta assoggettato.

Qualora in un esercizio successivo a quello in cui è stata rilevata una perdita su crediti nei confronti di un debitore assoggettato alle predette procedure intervengano nuovi elementi idonei a dimostrare che la stessa è maggiore di quella inizialmente rilevata e dedotta, anche l’ulteriore perdita, purché rilevata in bilancio e corredata da idonea documentazione, assume rilievo fiscale.È il caso, ad esempio, di un credito vantato nei confronti di un soggetto ammesso a concordato preventivo e per il quale viene successivamente dichiarato il fallimento, oppure, in caso di fallimento, di una modifica del programma di liquidazione per esigenze sopravvenute in corso di procedura, prevista dal comma 5 dell’ articolo 104-ter del Rd n. 267 del 1942.

Requisiti per la cancellazione contabile

Può essere utile rammentare quando, in base al principio contabile Oic 15, può essere cancellato correttamente un credito dal bilancio.

In base ai paragrafi da 71 a 77 di detto documento:

71. La società cancella il credito dal bilancio quando:
a. i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente); oppure
b. la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito (salvo casi eccezionali, il trasferimento dei rischi implica anche il trasferimento dei benefici).

I diritti contrattuali si estinguono per pagamento, prescrizione, transazione, rinuncia al credito, rettifiche di fatturazione e ogni altro evento che fa venire meno il diritto ad esigere determinati ammontari di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti. Ai fini della valutazione del trasferimento dei rischi si tiene conto di tutte le clausole contrattuali, quali - a titolo meramente esemplificativo - gli obblighi di riacquisto al verificarsi di certi eventi o l’esistenza di commissioni, di franchigie e di penali dovute per il mancato pagamento.

Sempre il documento Oic 15 prescrive che quando il credito è cancellato dal bilancio a seguito di un’operazione di cessione che comporta il trasferimento sostanziale di tutti i rischi, la differenza tra corrispettivo e valore contabile del credito al momento della cessione è rilevata come perdita su crediti da iscriversi alla voce B.14) del conto economico, salvo che il contratto non consenta di individuare componenti economiche di diversa natura, anche finanziaria.

Invece, quando la cessione del credito non comporta la sua cancellazione dal bilancio perché la società non ha trasferito sostanzialmente tutti i rischi, il credito che rimane iscritto in bilancio è assoggettato alle regole generali di valutazione previste dal principio. Nel caso di anticipazione di una parte del corrispettivo pattuito da parte del cessionario, in contropartita dell’anticipazione ricevuta si iscrive un debito di natura finanziaria.

Nelle cessioni che non comportano la cancellazione del credito dal bilancio, i costi dell’operazione sono, di norma, riflessi in interessi e commissioni da corrispondere al cessionario che trovano separata rilevazione nel conto economico in base alla loro natura.

Infine, qualora a seguito della cessione siano stati trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito ma rimangano in capo al cedente taluni rischi minimali, potrebbe essere necessario, se ricorrono le condizioni previste dall’Oic 31, effettuare un apposito accantonamento.

L’Appendice A al principio contabile Oic 15 fornisce un’elencazione, non esaustiva, delle operazioni di cui possono essere oggetto i crediti, con relativo trattamento contabile. Costituiscono casi che comportano la cancellazione del credito dal bilancio:

forfaiting;

datio in solutum;

conferimento del credito;

vendita del credito, compreso factoring con cessione pro-soluto con trasferimento sostanziale di tutti i rischi del credito;

cartolarizzazione con trasferimento sostanziale di tutti i rischi del credito.

Costituiscono, invece, casi che comportano il mantenimento del credito in bilancio:

mandato all’incasso, compreso mandato all’incasso conferito a società di factoring e ricevute bancarie;

cambiali girate all’incasso;

pegno di crediti;

cessione a scopo di garanzia;

sconto, cessioni pro-solvendo e cessioni pro-soluto che non trasferiscono sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito;

cartolarizzazioni che non trasferiscono sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito.


Questo articolo fa parte del Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.

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